Dal 2004 al 2022 i 69 comuni che hanno risposto al sondaggio hanno emesso 4420 ordinenze di demolizione, per eseguire solo 453.
I dati che riguardano la Puglia in merito al tema dell’abusivismo edilizio ed alla capacità degli enti locali di restituire al territorio la propria dignità violata sono impietosi: l’indagine di Legamiente per il report “Abbatti l’abuso” ha ricevuto risposta da 69 comuni sui 257 del territorio pugliese e delle oltre 4400 ordinanze di demolizone emesse dal 2004 al 2022, solo il 10,2% sono effettivamente state eseguite (453, in tutta la regione). Il destino della Puglia, legato a quello di Calabria, Campania, Lazio e Sicilia sembrerebbe quello di rincorrere gli abusi per poi, non riuscire a sanarli in via definitiva. In tutta Italia emergono dai dati contenuti nel report 83.430 ordinanze di demolizione contro il mattone illegale con una media di esecuzioni che non riesce ad andare oltre il 20,5%.
“L’abusivismo edilizio – dichiara Stefano Ciafani, presidente nazionale di Legambiente – è un’autentica piaga che tiene in ostaggio il territorio, la legalità e lo sviluppo del nostro Paese ormai da molti decenni. Parliamo di un fenomeno che, anche negli ultimi anni, nonostante la crisi edilizia e quella pandemica, si mantiene su livelli preoccupanti, addirittura in crescita nel 2022 come valori assoluti. Il Governo Meloni invece di annunciare nuovi possibili condoni, potenzi l’attività di demolizione delle case abusive e dia più ruoli e responsabilità ai prefetti. Da anni, Legambiente sostiene la necessità di non procrastinare un intervento nazionale e risolutivo”.
“La bellezza della Puglia – dichiara Daniela Salzedo, direttrice di Legambiente Puglia – è violata in ogni angolo della regione dal mattone illegale che continua ad essere uno dei business più produttivi sia per l’utenza abitativa che per le imprese. I numeri sulle demolizioni raccontano chiaramente l’inefficacia del quadro normativo in cui gli enti locali sono chiamati ad operare. Il nostro sforzo al fianco delle amministrazioni virtuose è quello di tenere alta l’attenzione, di stimolare i decisori politici a rendere più efficaci gli strumenti di contenimento del fenomeno e, soprattutto, sensibilizzare i cittadini a non voltarsi dall’altra parte ed a denunciare ogni abuso”.
A fronte di un territorio sfregiato dal cemento illegale che non conosce crisi, nella Penisola si fa fatica a demolire mentre cresce il numero delle ordinanze. Dal 2004 a dicembre 2022 nelle regioni più a rischio – Calabria, Campania, Lazio, Puglia e Sicilia – il numero delle demolizioni eseguite è stato del 15,3% dei 70.751 immobili abusivi per i quali è stato stabilito l’abbattimento da parte dei 485 Comuni che hanno risposto in maniera completa al monitoraggio civico promosso da Legambiente, pari al 24,5% del campione totale. Sommando anche le risposte parziali, il numero totale delle ordinanze emesse si attesta a 83.430 con una media di 1 ordinanza ogni 310 cittadini.
“A frenare il processo di risanamento delle aree massacrate da decenni di anarchia urbanistica e illegalità – commenta Laura Biffi, coordinatrice dell’Osservatorio nazionale Ambiente e legalità di Legambiente – è quella politica, locale e nazionale, che, a dispetto della consapevolezza maturata tra i cittadini, rimane ostaggio di interessi a breve e brevissimo termine. Tra tentativi di condono, più o meno espliciti, proclami a favore di un falso “abusivismo di necessità” e disinteresse al tema, si continua – nei fatti – ad avallare il “mattone illegale”. Nell’ultimo rapporto sul BES dell’Istat, realizzato in collaborazione con il Cresme, l’abusivismo edilizio è stimato in crescita del 9,1%. E la situazione nelle regioni del Sud viene definita come “insostenibile”, con 42,1 abitazioni costruite illegalmente ogni 100 realizzate nel rispetto delle regole”.
LE PROPOSTE DI LEGAMBIENTE AL GOVERNO NAZIONALE CONTRO L’ABUSIVISMO EDILIZIO
Di fronte a questo quadro, Legambiente rilancia sei proposte al Governo Meloni chiedendo in primis più ruolo e responsabilità ai prefetti, restituendo il senso originario all’art.10bis della Legge 120/2020, se necessario, anche con un nuovo intervento legislativo. La norma era stata approvata dal Parlamento per fare fronte alle mancate demolizioni da parte dei Comuni degli abusi non sanabili nonostante tre condoni edilizi, l’ultimo nel 2003, con un’assunzione dell’onere da parte dello Stato. Pochi mesi dopo l’entrata in vigore della norma, un’improvvida circolare del ministero dell’Interno, ne ha di fatto bloccato l’applicazione, restringendola solo agli abusi edilizi accertati dopo l’entrata in vigore della legge e “salvando” così decine di migliaia di manufatti illegali.
Tra le altre azioni da mettere in campo Legambiente chiede di lavorare su: 2) Danno erariale. Il ruolo della Corte dei conti è decisivo, per verificare, quantificare e imputare in maniera sistematica l’eventuale danno erariale causato dalle mancate entrate nelle casse comunali del corrispettivo economico dovuto per l’occupazione da parte degli abusivi di immobili non demoliti e diventati di proprietà comunale. 3) Prescrizione e demolizione. Per quanto riguarda le demolizioni per via giudiziaria, alla base degli interventi deve essere posta la sentenza che accerta il reato e non, invece, quella di condanna del reo. 4) Ricorsi al Tar. È necessario prevedere lo stop all’iter di demolizione solo in presenza di un provvedimento di sospensione da parte di un tribunale, altrimenti non c’è motivo per bloccare le procedure. 5) Chiusura delle pratiche inevase di condono. Legambiente propone di istituire un fondo di rotazione con uno stanziamento pari a 100 milioni di euro per ciascuno degli anni dal 2024 al 2026. 6) Emersione degli immobili non accatastati. L’Agenzia delle entrate rende disponibili le informazioni relative ai fabbricati non accatastati acquisite sulla base delle immagini aeree e delle verifiche di cui al DL 78/2010, ai ministeri dell’Ambiente e Sicurezza energetica, delle Infrastrutture, ai Comuni e ai Prefetti per la verifica della regolarità edilizia e non solo fiscale.
I DATI DEL RAPPORTO NAZIONALE
I dati dei 4 indicatori al centro del Rapporto.
Trasparenza: La regione più virtuosa, relativamente al tasso di risposta, è la Sicilia: con 154 comuni su 391 che hanno risposto in modo esaustivo, sfiora il 40% (39,4%) del totale. Rapportato alla popolazione residente, la percentuale più virtuosa è del Lazio, con il 41,9%. Al secondo posto, la Puglia che “risponde” con il 26,8% dei Comuni, al terzo il Lazio con il 25,9%, al quarto la Campania con il 20% e all’ultimo la Calabria con il 13,4%. La provincia più “trasparente” è quella di Trapani, con il 52% dei Comuni che hanno risposto. La peggiore quella di Crotone, con nessuna risposta.
Ordinanze di demolizione e abbattimenti eseguiti: Dai comuni lungo la costa sono state emesse 43.278 ordinanze (corrispondenti al 61% del totale) ed eseguite 6.731 (62,2% del totale). Nei Comuni dell’entroterra, quelle emesse sono state 27.473 (39,1% del totale) e quelle eseguite 4.077 (pari al 38% del totale). La regione con il maggior numero di ordinanze emesse è la Campania (23.635), quella con il migliore rapporto tra ordinanze emesse e quelle eseguite è la Sicilia, con il 19,2%, seguita da Lazio 17,2%, Campania 13,1% e Puglia 10,2%. In fondo alla classifica figura la Calabria, con il 9,6%. La provincia con il migliore rapporto tra ordinanze emesse ed eseguite dai Comuni del suo territorio è quella di Rieti (41,8%), la peggiore è quella di Catanzaro, con appena il 2,7% di abbattimenti eseguiti. Tra i comuni capoluogo, spicca Avellino, con il 39,4%, quelli peggiori sono di nuovo Catanzaro (0,7%), Brindisi (0,2%) e Benevento (0). Nelle isole minori, il Comune di Lipari (Me) ha il maggior numero di busi (1.793 abusi) e di demolizioni (538), seguono quello di Capri (681 ordinanze e 198 abbattimenti), e quello di Ischia, con 1.274 ordinanze di demolizione e 175 esecuzioni.
Trascrizione degli immobili abusivi nel patrimonio del Comune: il numero è basso se non addirittura inesistente. La media nelle cinque regioni è del 5,6%. Solo la Sicilia fa un po’ meglio, con il 12,5%. Su scala provinciale, la percentuale maggiore di immobili trascritti è quella dei comuni della provincia di Siracusa (56,5%), segue, con notevole distacco, Ragusa (25,3%) e Trapani (18,8%). Per quanto riguarda le città capoluogo, prima è Catanzaro, con il 9,7%, seconda Ragusa, con il 7,2%, e terza Benevento, con il 6,7%. Roma supera di poco il 5%, le altre sono a zero.
Trasmissione delle pratiche di demolizione non eseguite da parte dei Comuni ai prefetti competenti per territorio: solo il 2,1% delle ordinanze emesse è stato inviato in base all’art.10bis della legge 120/2020 ai prefetti. Nel Lazio e in Sicilia il dato supera di poco il 3%, in Campania il record negativo con lo 0,5%. Limitando l’analisi ai soli Comuni costieri, con solo 617 ordinanze trasmesse il dato percentuale scende all’1,4%.