L’imposta netta a carico dei pugliesi è salita a 7,2 miliardi di euro, per una media di 4.110 euro
Aumentano i contribuenti e i redditi dei pugliesi. È quanto emerge da uno studio sulle dichiarazioni Irpef, condotto dall’Osservatorio economico Aforisma, diretto da Davide Stasi che ha elaborato i dati del Dipartimento delle Finanze del Ministero dell’Economia.
In particolare, l’anno scorso in Puglia, sono stati ben 2.589.763 i contribuenti che hanno assolto all’obbligo di presentazione della dichiarazione ai fini dell’imposta sui redditi delle persone fisiche (Irpef). Lo hanno fatto attraverso il «modello Redditi» (ex Unico) con 570.940 trasmissioni all’Agenzia delle entrate oppure con il modello 730 (1.500.083 invii) o in via indiretta in quanto sottoposti alle trattenute da parte di chi eroga loro i compensi (518.740 certificazioni uniche). I pugliesi rappresentano il 6,3 per cento del totale in Italia (41.497.318).
Rispetto all’anno precedente sono aumentati di 22.454 unità (erano stati 2.567.309 nel 2021) e hanno dichiarato 2,3 miliardi di euro in più. Il reddito complessivo ammonta a 44,6 miliardi di euro contro i 42,3 dell’anno prima. Cresce, perciò, il reddito medio dei pugliesi: da 16.930 euro a 17.670.
Va ricordato, però, che nel 2021 il contesto macroeconomico è stato caratterizzato da una netta ripresa del Pil (+7,6 per cento in termini nominali e +7 per cento in termini reali). Ma il trend degli ultimi cinque anni è in continua ascesa. Nel 2018 (riferito alle dichiarazioni presentate per l’anno d’imposta 2017) il reddito medio dei pugliesi è stato di 15.630 euro; l’anno dopo 16.670; nel 2020 cresce a 16.910 e nel 2021 a 16.930.
Per avere un’idea più generale sui redditi, può risultare utile un raffronto rispetto alla forbice rappresentata dalla regione con il reddito medio più elevato ovvero la Lombardia (26.620 euro) e quella con il reddito medio più basso ovvero la Calabria (16.300 euro). Il reddito medio degli italiani è di 22.540 euro (+4,5 per cento rispetto al 2020).
Tornando alla Puglia, soffermandosi sui valori medi dei diversi tipi di reddito dichiarato, è possibile un confronto dei valori ed una comparazione temporale. Rispetto al valore medio del reddito complessivo dei pugliesi (17.670 euro), il reddito medio da pensione è di 16.580 euro contro una media nazionale di 18.990; quello da lavoro dipendente è di 17.030 euro contro una media nazionale di 21.500.
Il reddito medio da lavoro autonomo è di 49.130 euro contro una media nazionale di 60.520 euro. Tale differenza è in parte spiegata dalla diversa modalità di indicazione dei contributi previdenziali all’interno di questi redditi. Nello specifico, i redditi riportati per i lavoratori dipendenti sono al netto dei contributi previdenziali, mentre i redditi da lavoro autonomo devono essere indicati al lordo dei contributi (il valore medio dei contributi riportati dai lavoratori autonomi e imprenditori è pari a oltre 8.700 euro). Nel confronto dei valori medi, è importante ricordare che i valori medi del reddito da lavoro autonomo non considerano le eventuali perdite e non includono i contribuenti in regime fiscale di vantaggio e forfetario, la cui eventuale inclusione porterebbe a valori medi inferiori.
«Per una migliore interpretazione di questi dati – spiega Davide Stasi – occorre ricordare che il confronto tra le differenti categorie reddituali deve tener conto sia delle diverse norme fiscali per la loro determinazione sia delle singole peculiarità. È del tutto evidente come non sia possibile comparare il reddito degli imprenditori con quello dei propri dipendenti: la definizione di imprenditore non può essere assunta come sinonimo di “datore di lavoro” in quanto tra gli imprenditori sono compresi anche coloro che non hanno personale alle loro dipendenze. Tant’è che la maggior parte degli imprenditori titolari di ditte individuali non ha dipendenti. Inoltre, la categoria dei lavoratori dipendenti comprende sia coloro che prestano l’attività presso una ditta individuale che presso una società. Ma resta comunque evidente che la tassazione sui redditi da lavoro dipendente e autonomo abbia raggiunto livelli ormai insostenibili per le famiglie e le imprese – fa notare Stasi – Occorre perciò adottare tutti gli strumenti possibili al fine di ridurre la pressione fiscale sulle spalle degli imprenditori e dei lavoratori. Dalle intenzioni del Governo sembrerebbe che intenda destinare il margine di bilancio disponibile, oltre al finanziamento del taglio del cuneo fiscale sul lavoro dipendente nel 2023 all’allocazione del Fondo per la riduzione della pressione fiscale nel 2024, per oltre quattro miliardi. Al riguardo, l’Esecutivo, guidato dal presidente del Consiglio dei ministri Giorgia Meloni, ha spiegato che il disegno di legge di delega per la riforma fiscale sarebbe volto a sostenere le famiglie più vulnerabili, a rilanciare la produttività, gli investimenti e le politiche dell’innovazione per promuovere la crescita, nonché il sostegno alle imprese e la sostenibilità ambientale. Un aspetto importante della riforma sembrerebbe almeno nelle intenzioni, quello di voler ridurre la tassazione sulla classe media attraverso la ridefinizione delle principali deduzioni e detrazioni Irpef, al fine di promuovere l’equità verticale e orizzontale e migliorare la trasparenza del sistema fiscale. Il riordino delle agevolazioni fiscali (tax expenditures) è anche finalizzato alla riallocazione di una parte del gettito utilizzabile per l’ulteriore razionalizzazione e semplificazione del sistema tributario. Vedremo».
Intanto, l’imposta netta a carico dei pugliesi è salita a 7,2 miliardi di euro, per una media dell’Irpef pari a 4.110 euro, escludendo i contribuenti che hanno un’imposta pari a zero (si tratta, ad esempio, di coloro che rientrano nelle fasce di esonero oppure fanno valere detrazioni tali da azzerare l’imposta dovuta). Sempre in tema di prelievo fiscale, l’addizionale regionale ammonta a 543 milioni di euro, per una media di 320 euro, mentre l’addizionale comunale a 271 milioni di euro, per una media di 180 euro.