Quando nel 1975 ricevette il sigillo d’oro dell’Università di Bari, disse “lego completamente la mia vita a quella di questo Ateneo”.
A parlare ero lo statista Aldo Moro, che ne aveva frequentato le aule prima come studente e poi come docente. Dopo 35 anni, quel legame oggi è stato ribadito con più tenacia. Nel corso di una solenne cerimonia, alla presenza di Giorgio Napolitano, presidente della Repubblica italiana, l’Università del capoluogo pugliese è stata intitolata alla figura di Aldo Moro.
E’ un battesimo carico di valore che fa dello statista ucciso dalle brigate rosse nel 1978 un esempio da offrire per sempre alla società e soprattutto ai giovani. All’evento, che si è svolto nel teatro Petruzzelli di Bari, hanno assistito anche i rettori di gran parte delle università italiane. In prima fila, accanto a Napolitano, i due figli di Aldo Moro, Agnese e Giovanni. Vicino, il sottosegretario alla presidenza del Consiglio Gianni Letta, il ministro Raffaele Fitto, il deputato del Pd Massimo D’Alema e poi i rappresentanti delle istituzioni locali: il presidente della Regione Puglia Nichi Vendola e quello del consiglio regionale Pietro Pepe, il sindaco del capoluogo pugliese Michele Emiliano e il governatore della Provincia di Bari Francesco Schittulli.
photo Egidio Magnani
“Oggi è come un ritorno a casa – ha detto Agnese Moro – perché in nessun altro luogo mio padre può sentirsi più a casa se non nella sua città e nel suo Ateneo”.
Napolitano, che ha ricevuto dal rettore dell’Università di Bari, Corrado Petrocelli, il primo sigillo d’oro, ha sottolineato la necessità di appropriarsi dell’eredità morale e di pensiero di Aldo Moro, della dedizione incondizionata allo studio e al ruolo di educatore, in un momento critico del sistema universitario. Le riforme, come quella presentata in Parlamento, ha detto, sono necessarie così come è necessaria la consapevolezza di lavorare “su un’ottica di lungo periodo e non sulla base di impostazioni contingenti, asfittiche, di corto respiro cui corrispondono conflittualità deleterie”.
Principi tanto più veri per il Mezzogiorno del Paese e l’Università di Bari in particolare di cui il presidente della Repubblica ha riconosciuto il cammino di crescita dalla seconda guerra mondiale in poi. Di difficoltà ha invece parlato il rettore Corrado Petrocelli sottolineando l’allarme per i fondi tagliati alla ricerca di base. “La conoscenza non è un lusso, è una necessità – ha sottolineato – è la base per rendere il nostro Paese competitivo e salvarlo dal declino”.
A pagarne le spese più grosse è sempre il Sud Italia. Le borse di studio nel meridione soddisfano solo il 60,7 per cento degli aventi diritto, a fronte del 98,1 per cento del Nord e del 95,6 per cento del Centro. Ma malgrado tutto, l’Ateneo barese guarda al futuro con spirito positivo grazie ai risultati raggiunti nella ricerca, ai progetti di innovazione e ai maggiori servizi garantiti agli studenti, al dialogo intessuto con le altre istituzioni accademiche pugliesi per un’ipotesi federativa, alla forte cooperazione con enti nazionali e internazionali.
E’ un’idea di Università che si avvicina molto a quella di Aldo Moro, che la immaginava come un ponte “che supera gli ostacoli e al contempo unisce, avvicina, accorcia le distanze e rende possibile l’incontro”.
Daniela Vitarelli
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