Il presidente di AQP: “Renderemo la Puglia più autonoma e resiliente in un contesto di cambiamento climatico che minaccia crisi idriche. Grazie all’opera preleveremo meno acqua dai pozzi, preservando la falda e contenendo i consumi energetici”
Bari, 20 marzo 2024 – “Il dissalatore sul Tara è un’opera strategica per la resilienza idrica della Puglia in un contesto di cambiamenti climatici. Risponde all’esigenza di diversificare le fonti, rendendo la Puglia più autonoma e resiliente alle crisi idriche. E con la sua entrata in funzione, prevista nel 2026, preleveremo meno acqua dai pozzi, preservando la falda e contenendo i consumi energetici”. Lo chiarisce il presidente di Acquedotto Pugliese (AQP), Domenico Laforgia, in seguito alle osservazioni sull’opera diffuse da Legambiente Taranto. “Il dissalatore – aggiunge – non nasce dal nulla, è figlio del Piano d’Ambito 2020-2045 approvato nel 2022 dopo un lungo iter per la VAS. Fornirà acqua per esclusivo uso civile a 380.000 persone, quasi un quarto della popolazione dell’intera penisola salentina”.
Le questioni poste da Legambiente Taranto sono già state affrontate in un incontro, voluto e organizzato da Acquedotto Pugliese a dicembre scorso, per chiarire ai rappresentanti del circolo i dubbi sollevati. Un primo appuntamento, all’insegna del dialogo costruttivo nell’interesse dei cittadini e dell’ambiente, che troverà compimento nella consultazione al pubblico prevista dal Provvedimento autorizzatorio unico regionale (PAUR), essendo in questa fase ancora nella verifica documentale dell’istanza. Solo nella fase successiva, attesa tra fine aprile e inizio maggio, la Regione Puglia raccoglierà le osservazioni nella procedura di PAUR/VIA “Prendiamo atto – sottolinea Laforgia – della volontà di anticipare il dibattito attraverso i media. Un’occasione per Acquedotto Pugliese per chiarire ulteriormente la bontà del progetto ai cittadini, in attesa di discuterlo e auspicabilmente migliorarlo nelle sedi ufficiali con il contributo di tutti gli attori”.
“Sì, il dissalatore sul Tara è un’opera necessaria. Non lo stabilisce AQP che è il gestore – spiega Laforgia – ma il Piano d’Ambito 2020-2045 approvato dall’Autorità idrica pugliese (AIP). La necessità è duplice: proteggere i pugliesi da crisi idriche causate dal cambiamento climatico e rendere la Puglia più autonoma. Attualmente prendiamo il 77% dell’acqua da fonti esterne, lucane e campane, con costi di compensazioni ambientali di circa 25 milioni di euro all’anno. In un futuro con meno acqua a disposizione, la Puglia deve garantirsi riserve idriche su cui ha il pieno controllo. Inoltre il dissalatore ci consentirà di dismettere molti dei pozzi da cui AQP attualmente attinge per il 16% del suo fabbisogno, a tutela della falda sempre più minacciata dall’intrusione salina”.
“No, Sarmento e Sauro non sono opzioni contemplate dal Piano d’ambito che – ricorda Laforgia – ha già valutato fonti alternative oltre ad aver scontato la Valutazione Ambientale Strategica (VAS). Tra l’altro, queste due fonti non sono pugliesi, ma lucane, e non rispondono all’esigenza di rendere più autonoma la Puglia. In base agli scenari analizzati, il Tara si è configurato in assoluto come quello più performante, considerato inoltre che tra i possibili interventi per scongiurare crisi idriche è l’unico che effettivamente fornisce nuova risorsa”.
“I consumi energetici saranno contenuti – spiega ancora il presidente di AQP – anche grazie alla dismissione, a seguito dell’attivazione dell’impianto, del 27% dei 135 pozzi salentini attualmente attivi. Il consumo energetico complessivo, incluso l’impianto di rilancio al serbatoio di Taranto, sarà pari a 15.594.800 Kwh/anno grazie alla previsione di realizzare un impianto fotovoltaico dedicato e al mancato emungimento dai pozzi. Parliamo, dunque, dell’energia che verrebbe consumata da circa 16.000 persone, non da 40.000. Il tutto, a beneficio della sicurezza idrica per 380.000 persone. Ci tengo a ricordare che Acquedotto Pugliese ha da tempo intrapreso la strada della transizione energetica, avviando progetti per la realizzazione di oltre 160 impianti di produzione da fonti rinnovabili, tra fotovoltaico, idroelettrico e biogas. Il nostro Piano Strategico al 2026 prevede un’autoproduzione di energia rinnovabile pari a 91.000.000 Kwh. Dobbiamo inoltre precisare che il dissalatore non prevede processi di combustione che comportano emissioni dirette di CO2, ma solo emissioni indirette legate all’utilizzo di energia elettrica dalla rete elettrica nazionale. Peraltro anche in Italia, nei prossimi anni, la percentuale di energia prodotta da fonti rinnovabili continuerà ad aumentare, riducendo di conseguenza gli attuali livelli di emissione di CO2”.
“Il recupero delle perdite di AQP è parallelo al dissalatore, non alternativo – evidenzia ancora Laforgia – e ci vede costantemente impegnati. Servono sia uno che l’altro. Nel decennio 2008-18 solo in due regioni italiane il volume di perdite è stato ridotto ed una di queste è la Puglia in cui il volume annuo diminuito di 42 milioni di metri cubi, passando da 226,2 a 184,2, una riduzione del 18,6%, in netta controtendenza con il dato nazionale. Se consideriamo il quinquennio 2015-2020 è stato ridotto di 23,1 milioni di metri cubi, passando da 195,6 a 172,5, corrispondente ad una riduzione dell’11,8%. Infine, in base ai dati in fase di validazione da parte dell’AIP, riferiti alle annualità 2022 e 2023, AQP è passata dalla classe D alla classe C del Macroindicatore M1 dell’Arera, confermando il progressivo miglioramento della gestione”.
“L’ecosistema del Tara sarà tutelato – spiega infine il presidente di AQP – in quanto sulla base degli studi specialistici effettuati l’intervento consentirà di raggiungere l’obiettivo ecologico di tipo “sufficiente” previsto dal Piano di Gestione delle Acque (PGA) Ciclo 2021-2027 redatto dall’Autorità Distrettuale dell’Appennino Meridionale e previsto dalla Direttiva sulle acque 2000/60/CE e, quindi, superiore allo stato ecologico “scarso” com’è attualmente classificato il Fiume Tara. Inoltre, il progetto sconterà la Valutazione di impatto ambientale (VIA), in cui verranno esaminate nel dettaglio tutte le matrici, come lo stato biologico ed ecologico attuale e futuro del corso d’acqua, avendo cura di proporre anche un opportuno monitoraggio ambientale. Ma è bene ricordare che parliamo di un corso d’acqua sui generis, in quanto si tratta di una sorgente carsica di trabocco con un vasto bacino idrogeologico sotterraneo con uno sviluppo come corso d’acqua molto limitato, pari a circa 3 km e, quindi, ben differente dai corsi d’acqua di tipo fluviale e dalle zone umide. Tra l’altro l’area del Tara si è resa protagonista anche recentemente di situazioni di grave degrado, con rifiuti conferiti abusivamente, per cui l’impianto di dissalazione oltre a rappresentare un presidio dal basso impatto paesaggistico schermato da alberature di pregio, potrà fungere da deterrente per gli ecoreati ambientali”.