“Sono molto emozionato nell’essere qui oggi, sono innamorato della cultura italiana e in particolare del cinema italiano di ieri e di oggi”. Ha esordito nella nostra lingua Vincent Perez, la star internazionale presente al Bif&st in veste di regista, accompagnando due film da lui diretti, “Lettere da Berlino” (2016) e il suo ultimo “Une affaire d’honneur” che sarà presentato stasera in anteprima internazionale al Teatro Petruzzelli, dove l’attore e regista riceverà il Federico Fellini Platinum Award for Cinematic Excellence dalle mani di Francesca Fabbri Fellini, nipote del grande regista. “Lettere da Berlino” è stato invece proiettato stamattina, accolto con grande entusiasmo dal pubblico, tra cui moltissimi studenti. Sul film è stato interamente incentrato l’incontro condotto dal critico Jean Gili, durante il quale Perez ha parlato in francese, sostenuto da una traduzione. “Io sono nato e cresciuto in Svizzera ma da padre spagnolo e da madre tedesca. Già da ragazzo, ho avvertito l’esigenza di fare delle ricerche sulle radici della mia famiglia, soprattutto sugli aspetti relativi al periodo della Seconda Guerra Mondiale. Nel tempo, la mia ricerca si è arricchita con la lettura di diversi libri e a un certo punto mi sono imbattuto nel romanzo “Ognuno muore solo” di Hans Fallada”. Il romanzo in questione è tratto dalla vera storia di Otto ed Elise Hampel, due coniugi tedeschi che nella Berlino nazista, dopo avere perso un figlio al fronte, iniziarono a diffondere in tutta la città delle cartoline sul cui retro denunciavano gli orrori di Hitler e chiedevano la libertà di stampa. “Nel libro ho trovato delle vicinanze con le storie dei miei nonni e dei miei genitori, anche del ramo spagnolo visto che mio nonno era antifranchista. In Germania, invece, un mio prozio fu deportato ed è morto in una camera a gas. Pensando al film, ho quindi ho avuto la possibilità di capire qualcosa di più della mia famiglia e della mia discendenza. Mi piaceva l’idea del contrasto che c’è nel libro tra la guerra lontana e la quotidianità che si viveva a Berlino, dove pure viveva una coppia che con i loro piccoli gesti, dimostravano comunque un enorme coraggio.” “Lettere da Berlino” fu presentato in anteprima nel 2016 al Festival di Berlino. “L’accoglienza fu disastrosa, il pubblico e la critica tedesca non apprezzarono che avessi scelto un cast straniero, con gli attori che interpretavano tedeschi ma che parlavano in inglese. È stato il momento più difficile della mia carriera, ne ho sofferto molto. Cosi, quando il film fu poi presentato al Festival del Cinema Ebreo ad Atlanta, negli Stati Uniti, proiettato in una sala enorme, ero molto nervoso. Invece fu accolto molto bene e nel dibattito che seguì, a un certo punto chiese la parola una signora dal pubblico: “Monsieur Perez…” e si fermò, mentre io ero in grande apprensione. Poi riprese: “Cosa possiamo fare perché il mondo intero possa vedere questo capolavoro?” Mi sentii come se fossi guarito dopo essermi ammalato“. Sulla scelta degli attori: “Emma Thompson ha accettato subito, con lei si è creato un grande feeling come anche con Brendan Gleeson che andai a incontrare a Dublino dopo che l’attore che avevo previsto per la parte mi era stato ‘rubato’ da Steven Spielberg. Con Daniel Brühl scoprimmo che anche lui è nato da una famiglia metà spagnola e metà tedesca, una curiosa coincidenza che non si verifica spesso nell’ambiente del cinema“. “In realtà inizialmente io avrei voluto girare il film in tedesco con attori tedeschi ma questo non fu possibile. Era accaduto che il romanzo “Ognuno muore solo”, pur se pubblicato in Germania nel 1947, è stato edito in inglese solo nel 2010 conoscendo un enorme successo internazionale. In virtù di questo successo, i produttori mi hanno consentito di fare il film solo se interpretato da attori di grande notorietà che parlassero, appunto, in inglese”. Uno spettatore dalla platea ha chiesto infine a Vincent Perez se, con questo film, considerava di avere fatto i conti con le sue radici o se sentiva di avere ancora qualcosa da raccontare al riguardo. “Posso solo dire che dopo tante ricerche e dopo avere realizzato il film mi sono sentito più prolifico nella scrittura, dopo un periodo in cui mi sembrava di non avere molto da dire. E ora è il momento di andare avanti!”. |