Bari – GRANO: COLDIRETTI PUGLIA, PREZZO CROLLA ANCHE AD ALTAMURA A 323 €/TON (-16€); MA IL CANADESE QUOTA 387 €/TON

Crolla anche alla borsa merci di Altamura il prezzo del grano duro quotato da 318 minimo a massimo 323 euro a tonnellata, perdendo 16 euro in una settimana, mentre il canadese quota 387 euro a tonnellata, per cui servono controlli serrati lungo la filiera, oltre che ai porti. A darne notizia è Coldiretti Puglia, che denuncia le speculazioni in corso sul prezzo del grano mettendo a rischio la sopravvivenza di 38mila aziende agricole in Puglia, il Granaio d’Italia, aggravando la dipendenza dall’estero.

Occorre un impegno immediato per sostenere le aziende agricole italiane, portando a 30 milioni di euro la dotazione del Fondo nazionale per i contratti di filiera del grano – dichiara Coldiretti – lavorando per prezzi equi che non scendano mai sotto i costi di produzione, come prevede la legge di contrasto alle pratiche sleali.

Nel 2023 – incalza Coldiretti Puglia – sono più che raddoppiate per un totale di ben oltre il miliardo di chili le importazioni di grano dal Canada trattato con glifosato secondo modalità vietate a livello nazionale, anche le importazioni di grano russo e turco sono aumentate rispettivamente del +1164% e del +798%, un fenomeno mai registrato nella storia del nostro Paese, per cui – denuncia Coldiretti Puglia – i prezzi del grano italiano sono crollati del 60% su valori al di sotto dei costi di produzione che mettono a rischio il futuro di migliaia di aziende agricole.

Sotto accusa ci sono gli accordi gli accordi di libero scambio europei – incalza Coldiretti Puglia – per cui vanno fermate le importazioni sleali, introducendo con decisione il principio di reciprocità per fare in modo che tutti i prodotti che entrano nell’Unione rispettino gli stessi standard dal punto di vista ambientale, sanitario e del rispetto delle norme sul lavoro previsti nel mercato interno, poiché è intollerabile la concorrenza sleale che mette a rischio la salute dei cittadini e la sopravvivenza delle imprese agricole.

Intanto, l’estensione della clausola di salvaguardia alle importazioni di cereali come il grano e il mais dall’Ucraina è importante per contribuire fermare le speculazioni che stanno destabilizzando il mercato europeo, ferma restando la necessità di continuare a sostenere il Paese sotto l’aggressione russa. Come periodo di riferimento medio della quantità di importazioni oltre la quale farla scattare è stato inserito accanto al 2022 anche il 2021, come richiesto da Coldiretti, pur se resta la criticità di voler prendere in esame nel computo anche al 2023 (quindi il triennio).

In base alle stime fornite dalla Commissione Ue tale liberalizzazione delle esportazioni verso i Paesi dell’Unione ha consentito l’arrivo di circa il 60% dei prodotti agricoli ucraini dall’inizio della guerra, secondo il Centro Studi Divulga. Se da un lato queste misure hanno alleggerito le pressioni per l’Ucraina, dall’altro le consistenti esportazioni di cereali verso l’Ue hanno contribuito ad alimentare le preoccupazioni sui prezzi, creando delle distorsioni all’interno del mercato comunitario, in particolare per quello agricolo.

Basti dire che grazie anche alle agevolazioni gli arrivi in Italia di grano tenero ucraino per il pane sono quadruplicati (+283%) nel 2023 rispetto al 2021, prima dell’inizio della guerra, arrivando a quota 470 milioni di chili, secondo l’analisi Coldiretti su dati Istat. Ma anche le importazioni di mais sono aumentate a tripla cifra (+134%), arrivando oltre quota 1,8 miliardi di chili

Un impatto sulle quotazioni dei prodotti agricoli che va a sommarsi a quello scatenato dall’aggressione russa sui costi di produzione per le imprese agricole del vecchio continente, con l’indice dei prezzi medi dell’energia della Banca Mondiale che ha segnato nel 2023 una crescita del 103% rispetto a prima del conflitto, mentre il gas naturale è aumentato del 126%, secondo un’analisi del Centro Studi Divulga. Discorso analogo – conclude Coldiretti – anche per le quotazioni dei fertilizzanti, cresciute del 106% con picchi rilevanti dei prezzi medi annui del 204% per il fosfato biammonico, del 230% per l’urea e del 290% per il cloruro di potassio.