E’ uscito nelle sale cinematografiche il 30 ottobre l’ultimo lavoro cinematografico di Federico Moccia , tratto dal suo omonimo romanzo “Amore 14” .
Lo abbiamo incontrato a Bari assieme a Veronica Olivier (Carolina), Giuseppe Maggio (Massi) e Raniero Monaco di Lapio (Rusty James), i tre giovani protagonisti non professionisti, che hanno dato vita ai personaggi adolescenziali, alle prese dei loro primi amori, del loro primo bacio dei loro batticuori e delle loro prime e “insormontabili” delusioni.
Così la prima domanda sorge spontanea.
D.: Moccia, parli dei giovani, di quella fascia dì età che disorienta sia i genitori che gli stessi protagonisti.
Quando parli di loro fai riferimento ai tuoi trascorsi personali o dai voce ai giovani che ti raccontano i loro problemi?
R.: E’ sicuramente un mix. Nel mio blog, mi scrivono tanti giovani. Le loro storie mi appaiono come piccole finestre ricche di avvenimenti, da cui attingo anche i miei racconti.
A volte le loro esposizioni mi preoccupano e in questo modo torno indietro con la mente.
Cerco di ricordare com’ero io a 13 e 14 anni, rileggo i miei diari, le lettere che ho scritto e che non ho mai consegnato e noto che a quella età i problemi si affrontavano in maniera differente, sembrano invalicabili, perché si ha una purezza diversa.
Oggi che sono più maturo, mi rendo conto che tutto può essere preso con più leggerezza e che fa parte di un percorso che più o meno tutti abbiamo passato.
D.: Visto che hai fatto un percorso di un’autoanalisi, hai notato differenze del rapporto che i giovani hanno con la società e con le loro emozioni?
R.: Rispetto allo spaccato degli anni ’70 le inquietudini sono sempre le stesse.
Diverso è il rapporto che hanno con la società.
Noi venivamo da un successivo evolversi generazionale. Si è vissuto con più libertà quello che è visto oggi in una chiave ridicola. Ma questo non sempre è positivo, perché ritengo che alcune cose devono restare stabili, devono essere punti fermi della nostra vita, prendo ad esempio la figura del professore.
D.: Fra poco sarai anche tu padre. Che genitore sarai?
R.: Nei rapporti con mio padre ho sempre avuto un moto di ribellione, è questo l’ho messo in conto, è un passaggio che mi toccherà. Oggi posso dire che mi piacerà trasmettere tutto quello che mio padre mi ha consegnato. Sicuramente il rapporto con mio figlio sarò una grande incognita ma è sicuramente una grande gioia.
D.: Per questo film hai scelto “attori” non conosciuti, privi di esperienza, come mai?
R.: Ho scelto questi tre ragazzi perché giusti per questi ruoli e soprattutto non sono raccomandati.
Per il regista è sicuramente un lavoro più impegnativo, perché deve insegnare a queste giovani leve, come trasmettere le emozioni per essere credibili, non sovrapporsi alla battute con gli altri attori, insomma deve spiegare ogni volta le tecniche di lavorazione.
“E’ vero – interviene Veronica Olivier – per me è stato difficile, ma Federico mi ha dato molto coraggio. E’ stato difficile concentrarsi e lavorare con tante persone che non conosci, mi sono sentita spesso a disagio.
Avevo la paura di essere sempre giudicata, ma per fortuna quando mi sentivo spiazzata chiedevo aiuto a Moccia”.
D.: L’attore protagonista Giuseppe Maggio assomiglia a Riccardo Scamarcio, scelta voluta o pura casualità?
R.: Al momento che mi è stato presentato non li avevo associati, anche se dopo me lo hanno fatto notare.
Io volevo che il personaggio avesse delle caratteristiche fisiche diversa dalla protagonista (Veronica) e da suo fratello (Raniero).
“Assomigliare a Riccardo Scamarcio non è un peso – si interpone Giuseppe Maggio – è sicuramente un elogio. E’ un attore affermato , bravo e che ha studiato recitazione. Penso che ogni personaggio abbia un racconto a sé. Spero di avere fortuna percorrendo la mia strada, così come Riccardo ha avuto la sua”.
D.: Hai iniziato negli anni 80 come sceneggiatore assieme a Castellano, poi come autore di testi di famose trasmissioni televisive (Ciao Darwin – Chi ha incastrato Peter Pan ed altre ancora), poi come scrittore e regista.
Ma Moccia in realtà quale figura più lo rappresenta?
R.: Un po’ tutte queste ed altre ancora. Sono anche pittore, ho fatto una mostra ma non ho mai messo in vendita i miei quadri. Ho scritto poesie che non ho mai pubblicato.
D.: Il tuo prossimo libro quale generazione rappresenterà?
R.: Forse il periodo universitario, periodo che mi ha riguardato e che sento più vicino a livello generazionale. Cercherò di trattare anche dei problemi dei genitori che sono sempre presenti nella vita dei giovani.
Dopo il successo del libro è prevedibile il successo nelle sale cinematografiche.
Moccia è bravo a rivolgersi a quella generazione con il loro linguaggio e poi parlare d’amore si sa non fa mai male, perché è bello credere nei propri sogni.
Anna De Marzo
photo Egidio Magnani