Con la fumata nera sul prezzo del pomodoro per il Centro -Sud, solo gli accordi di filiera possono garantire la corretta programmazione delle scelte colturali, con le imprese agricole costrette ad affrontare rincari vertiginosi per tutte le operazioni colturali e con la preoccupazione di una difficile gestione delle risorse idriche, tra siccità e alluvioni. A denunciarlo è Coldiretti Puglia, in occasione del momento di confronto organizzato da Princes sulle sfide e le aspettative per la stagione del pomodoro 2023.
“Stiamo condividendo con Princes un’azione di responsabilizzazione – spiega Mario de Matteo, presidente Coldiretti Foggia – dal campo allo scaffale per garantire che dietro tutti gli alimenti in vendita ci sia un percorso di qualità che riguarda l’ambiente, la salute e il lavoro, con un’equa distribuzione del valore che rappresenta anche un prezioso punto di riferimento per sostenere la competitività del Made in Italy in Italia e l’estero. La filiera del pomodoro impegna in Italia complessivamente circa 7.000 imprese agricole, oltre 100 imprese di trasformazione e 10.000 addetti ed esporta 1,7 miliardi di euro di derivati del pomodoro in tutto il mondo. L’Italia è il principale produttore dell’Unione Europea con la produzione nazionale prevista quest’anno in calo su valori attorno ai 4,5 milioni di tonnellate. La provincia di Foggia è leader indiscussa del mercato e rappresenta il maggiore bacino di produzione nazionale con una superficie media annua di 15.000 ettari e con una produzione di pomodoro da industria che si aggira intorno ai 14.250.000 quintali”, conclude de Matteo.
Ai ritardi registrati in campagna nel trapianto delle piantine di pomodoro a causa del clima pazzo – aggiunge Coldiretti Puglia – si aggiunge l’aumento dei prodotti energetici e delle materie prime che si riflette sui costi di produzione del pomodoro superiori del 30% rispetto alle medie storiche, mentre si prevede che la raccolta si concentrerà tra fine agosto e inizio settembre, con i prevedibili effetti sui trasporti.
Il risultato è che, ad esempio, in una bottiglia di passata di pomodoro da 700 ml in vendita mediamente a 1,3 euro oltre la metà del valore (53%), secondo la Coldiretti, che è il margine della distribuzione commerciale con le promozioni, il 18% sono i costi di produzione industriali, il 10% è il costo della bottiglia, l’8% è il valore riconosciuto al pomodoro, il 6% ai trasporti, il 3% al tappo e all’etichetta e il 2% per la pubblicità.
Fondamentale è il ruolo dei contratti di filiera che garantiscono un prezzo equo e stabilità al mercato – insiste Coldiretti Puglia – tenendo conto sempre dell’equità di una remunerazione congrua che non alimenta eventuali speculazioni in momenti di confusione. Si rende necessario, infatti, uscire immediatamente con un prezzo congruo dovuto anche al rispetto dell’eticità del prodotto che sempre più deve avere un ruolo fondamentale nella strategia di marketing del pomodoro di Capitanata.
La Puglia detiene la quasi totalità della produzione del pomodoro all’interno di una filiera del Sud Italia, riferisce Coldiretti Puglia sulla base dello studio commissionato all’Università di Foggia, con 15.527.500 quintali di pomodoro da industria su una superficie di 17.170 ettari prodotti in Puglia, mentre in Campania 2.490.080 quintali su una superficie di 3.976 ettari.
La provincia di Foggia è leader indiscussa del mercato e rappresenta il maggiore bacino di produzione nazionale – insiste Coldiretti Puglia – con una superficie media annua di 15.000 ettari e con una produzione di pomodoro da industria che si aggira intorno ai 14.250.000 quintali (1,4 milioni di tonnellate).
Intanto, procede l’iter per il riconoscimento della ‘DOP Pomodoro di Puglia’ – aggiunge Coldiretti Puglia – per la valorizzazione del pomodoro ed il rilancio dell’economia foggiana, con il 40 percento del pomodoro italiano che viene proprio dalla Capitanata che da sola produce il 90% del pomodoro lungo, per cui sono scaduti i 60 giorni utili alla Regione Puglia a notificare osservazioni. E’ a tutti nota la posizione di Coldiretti sull’importanza dell’origine del prodotto agricolo alla base dei cibi trasformati che arrivano sulle tavole dei consumatori, per cui numerose sono state le battaglie per arrivare all’etichettatura certa dell’origine dei prodotti agroalimentari.
D.O.P. e I.G.P. sono marchi europei che identificano – spiega Coldiretti Puglia – prodotti che possiedono caratteristiche peculiari, legate da origini storiche al determinato territorio indicato nella denominazione, e dalla accurata e precisa applicazione di un disciplinare di produzione. Di scelta del Ministero delle Politiche Agricole l’area delimitata e la nomenclatura, basate su comprovata ricostruzione storica che i consorzi di valorizzazione devono documentare.
Per i prodotti DOP è previsto che tutto il processo produttivo avvenga nell’area delimitata dal disciplinare di produzione, trasformazione e confezionamento inclusi, mentre per le produzioni IGP, invece, non esistono gli stessi vincoli – conclude Coldiretti Puglia – in particolare nessun obbligo di utilizzare i prodotti agricoli del territorio al quale la IGP si ispira.