Il grano duro per la pasta viene pagato circa 36 centesimi al chilo ad un valore che non copre i costi di produzione ed è inferiore di oltre il 30% rispetto allo stesso periodo scorso anno mentre il prezzo della pasta è aumentato il doppio dell’inflazione. È quanto afferma la Coldiretti Puglia, sulla base dei dati Istat ad aprile, in relazione alla decisione del ministro delle Imprese e del made in Italy Adolfo Urso di dare mandato al Garante per la sorveglianza dei prezzi, Benedetto Mineo, di convocare la Commissione di allerta rapida per analizzare la dinamica del prezzo della pasta che nel mese di marzo ha fatto registrare un aumento del 17,5% rispetto all’anno precedente.
La pasta – sottolinea la Coldiretti Puglia – è ottenuta direttamente dalla lavorazione del grano con l’aggiunta della sola acqua è non trovano dunque alcuna giustificazione le divergenze registrate nelle quotazioni, con la forbice dei prezzi che si allarga e mette a rischio i bilanci dei consumatori e quelli degli agricoltori. Una distorsione che appare chiara anche dall’andamento dei prezzi medi al consumo che secondo l’Osservatorio del Ministero del Made in Italy variano per la pasta da 1,50 a 2,3 euro al chilo, mentre le quotazioni del grano sono in caduta libera, insiste Coldiretti Puglia. Una anomalia di mercato sulla quale – sostiene la Coldiretti – è bene fare chiarezza anche sulla base della nuova normativa sulle pratiche sleali a tutela delle 200mila imprese agricole che coltivano grano. I ricavi – conclude la Coldiretti – non coprono infatti i costi sostenuti dalle imprese agricole e mettono a rischio le semine ma anche la sovranità alimentare del Paese. Le superfici agricole coltivate a frumento duro, secondo le prime previsioni del Masaf per quest’anno, sono in flessione per un investimento di 1,22 milioni ettari con una riduzione di circa il 2% rispetto all’anno precedente.
Siamo di fronte a manovre speculative con un deciso aumento delle importazioni di grano duro dal Canada dove il grano – precisa la Coldiretti – viene coltivato secondo standard non consentiti in Europa per uso del glifosate nella fase di preraccolta. Occorre invece – continua la Coldiretti – ridurre la dipendenza dall’estero e lavorare da subito per accordi di filiera tra imprese agricole ed industriali con precisi obiettivi qualitativi e quantitativi e prezzi equi che non scendano mai sotto i costi di produzione come prevede la nuova legge di contrasto alle pratiche sleali. Bisogna riattivare da subito – precisa la Coldiretti – la Commissione Unica Nazionale per il grano duro, la cui attività in via sperimentale si è sospesa nell’ottobre del 2022, perché fornisce trasparenza al mercato e dà la possibilità di poter mettere attorno ad un tavolo tutti gli attori della filiera eliminando le distorsioni e i frazionamenti delle borse merci locali. Importante – conclude la Coldiretti – anche investire nella ricerca che, come motore dell’innovazione varietale, deve rispondere non solo alle richieste qualitative del mondo industriale, ma anche rispondere alle nuove esigenze produttive e di resilienza verso gli effetti del cambiamento climatico, rispondendo al contempo alle nuove richieste di sostenibilità volute dalla nuova Politica Agricola Comunitaria.
La Puglia è il principale produttore italiano di grano, con 10milioni di quintali prodotti in media all’anno. La domanda di grano 100% Made in Italy si scontra con anni di disattenzione e di concorrenza sleale delle importazioni dall’estero, soprattutto da aree del pianeta che non rispettano le stesse regole di sicurezza alimentare e ambientale in vigore in Puglia ed in Italia, che nell’ultimo decennio – denuncia Coldiretti Puglia – hanno portato alla scomparsa di 1 campo su 5 con la perdita di quasi mezzo milione di ettari coltivati, con effetti dirompenti sull’economia, sull’occupazione e sull’ambiente.
Intanto, si registra il balzo dell’export della pasta pugliese nel mondo con un aumento delle vendite all’estero del 37% nel 2022 – insiste Coldiretti Puglia – proprio sotto la spinta dell’allarme globale provocato dalla guerra in Ucraina sulla certezza e salubrità del cibo che ha fatto emergere una maggior consapevolezza sul valore strategico rappresentato dal cibo e dalle necessarie garanzie di qualità e sicurezza.Le migliori varietà di grano duro selezionate, da Emilio Lepido a Furio Camillo, da Marco Aurelio a Massimo Meridio fino al Panoramix e al grano Maiorca, sono coltivate dagli agricoltori sul territorio pugliese – aggiunge la Coldiretti regionale – che produce più di 1/4 di tutto il frumento duro italiano.
Le superfici seminate – aggiunge Coldiretti Puglia – potrebbero raddoppiare con la produzione di grano che deve puntare sull’aggregazione, essere sostenuta da servizi adeguati e tendere ad una sempre più alta qualità, scommettendo esclusivamente su varietà pregiate, riconosciute ormai a livello mondiale. Con gli interventi straordinari decisi dalla Commissione Ue può essere garantita anche in Puglia la messa a coltura di oltre 100mila ettari lasciati incolti per la insufficiente redditività, per gli attacchi della fauna selvatica e a causa della siccità che va combattuta con investimenti strutturali per realizzare piccoli invasi che consentano di conservare e ridistribuire l’acqua per aumentare la produzione aggiuntiva di grano duro per la pasta, di tenero per fare il pane e di mais per gli allevamenti.
Occorre lavorare per accordi di filiera tra imprese agricole ed industriali con precisi obiettivi qualitativi e quantitativi e prezzi equi che non scendano mai sotto i costi di produzione come prevede la nuova legge di contrasto alle pratiche sleali ma è necessario investire – aggiunge Coldiretti Puglia – per aumentare produzione e le rese dei terreni con bacini di accumulo delle acque piovane per combattere la siccità ma serve anche contrastare seriamente l’invasione della fauna selvatica che sta costringendo in molte zone interne all’abbandono nei terreni e sostenere la ricerca pubblica con l’innovazione tecnologica a supporto delle produzioni, della tutela della biodiversità e come strumento in risposta ai cambiamenti climatici.
Bisogna invertire la tendenza ed investire per rendere il Paese il più possibile autosufficiente per le risorse alimentari facendo tornare l’agricoltura centrale negli obiettivi nazionali ed europei, conclude Coldiretti nel sottolineare che nell’immediato occorre salvare le aziende agricole da una insostenibile crisi finanziaria per poi investire per aumentare produzione e le rese dei terreni.