Dal 30 maggio all’1 giugno per la rassegna «Incroci» della compagnia Diaghilev
Tre spettacoli di Astràgali Teatro
tra mito, voci di donne e canzoni
In Vallisa con «Medea, desìr», «Fimmene!» e «Eù. Cantare poesia»
La rassegna «Incroci» promossa dalla Compagnia Diaghilev all’auditorium Vallisa di Bari con il sostegno di Ministero della Cultura, Regione Puglia e Comune di Bari, ospita Astràgali Teatro di Lecce con tre differenti lavori tenuti insieme dalla drammaturgia e dalla regia di Fabio Tolledi, direttore artistico della compagnia salentina. Il trittico verrà aperto giovedì 30 maggio da «Medea, desìr» (ore 21), proseguirà venerdì 31 maggio con «Fimmene!» (ore 21) e si concluderà l’1 giugno con «Eù. Cantare poesia».
Dunque, si parte giovedì 30 maggio (ore 21) con «Medea, desìr», testo scritto e diretto da Fabio Tolledi (ideatore anche dello spazio scenico) con Roberta Quarta, Simonetta Rotundo, Matteo Mele e Anna Cinzia Villani (i costumi sono di Donatella Sulis e Sacha Fumarola). Il mito non è semplicemente una storia, semmai è un infinito intreccio di storie. Per questo il mito è poesia. E la molteplicità di storie rende il mito qualcosa di vivo, da scoprire, da interrogare, da svelare e rivelare. Quella di Medea è una storia che si moltiplica nei secoli: Christa Wolf, Ovidio, Apollonio Rodio, Euripide, Jean Anouilh, Franz Grillparzer, Corrado Alvaro, Corneille, Seneca e Quinto Ennio, assieme a molti altri scrittori, musicisti e pittori, hanno alimentato il mito molteplice della donna straniera. E la scrittura teatrale di Fabio Tolledi si muove anche lei su alcuni piani: Medea è donna, straniera e selvaggia, creatura altra che resiste e ama. Ma ama aldilà di ogni valore, aldilà di ogni morale. Resiste e sfugge al potere, regina adolescente a cui tutto si può chiedere, depositaria di un sapere profondo e antico. La radice del suo nome, «med», richiama la parola medicina, il «pharmakon» che cura e avvelena, che può salvare e uccidere, radice del «venenum», di qualcosa che trasforma e muta. Medea, scacciata e bandita dal potere, stigma della donna selvaggia, rivendica il solo orizzonte che incrina e mette in crisi il potere: il desiderio. Perché Medea ama. Ama l’amore. E vive nel desiderio che prende e dona forma alla vita.
Si prosegue venerdì 31 maggio (ore 21) con il fortunato spettacolo «Fimmene!» scritto da Fabio Tolledi a quattro mano con Anna Cinzia Villani, che se ne fa interprete con Roberta Quarta, Simonetta Rotundo e la partecipazione di Matteo Mele. Si tratta di uno spettacolo sui canti salentini di lavoro e d’amore, di nostalgia, lotta e desiderio, sui quali la stessa Villani ha effettuato una lunga ricerca per offrirli all’invenzione poetica di Tolledi. Motivi che parlano di noi, di antichi gesti, della voce che forte trascorre sulla terra e va verso il cielo e verso il mare. Canti polivocali, canti per più voci e per diversi modi di cantarli. Ma non solo. Come dall’antica tradizione della trasmissione dei saperi attraverso il corpo, questi canti portano con loro racconti, aneddoti, ricette di cucina, visioni di un mondo certamente più umano, per un affresco sulle donne raccontate dai canti della tradizione e sul modo in cui esse stesse si rappresentano attraverso il canto. Voci di donne che cantano la parola con grazia, coraggio e ironia. E attraversano i tempi, cambiandoli.
Si chiude sabato 1 giugno (ore 21) con «Eù. Cantare poesia », un recital che esplora le relazioni tra musica pop e poesia attraverso il legame antico e sotterraneo tra questi due mondi non abbastanza esplorato. Fabio Tolledi non solo cura la regia dello spettacolo, ma è lui stesso protagonista in scena con le voci di Roberta Quarta e Simonetta Rotundo accompagnate al pianoforte di Mauro Tre. A partire dagli anni Cinquanta molti poeti si sono misurati con la canzone: Pasolini, Fortini, Calvino, Sanguineti, autori che hanno fornito parole a compositori importanti come Fiorenzo Carpi, Pietro Umiliani e Carlo Rustichelli, che le hanno messe in musica. Un’alchimia del verso cantato alla quale hanno portato il loro contributo dal mondo del pop interpreti e autori del calibro di Domenico Modugno, Sergio Endrigo, Fabrizio De André ed Enzo Jannacci. Questo percorso ha poi trovato ancora più forza nella pratica del teatro canzone, ispirato dal cabaret italiano. E così sono nate le esperienze del collettivo torinese Cantacronache, fondato alla fine degli anni Cinquanta da Sergio Liberovici e Michele L. Straniero, al teatro di Dario Fo, dalla ricerca del Canzoniere Italiano al lavoro di revival del folklore italiano che ancora oggi determina – anche nel territorio salentino – una forma vivace di esplorazione poetica. Per non tralasciare la ricerca della scena jazz italiana, che ha trovato in quest’ambito una straordinaria vitalità ed un ulteriore terreno di sviluppo.