Quanta vera e profonda conoscenza c’è dietro una decisione politica che può mettere a repentaglio millenni di lenta costruzione dei nostri cordoni dunali, quelli che ci rimangono ormai, e che costituiscono un ecosistema tanto fragile e importante da rientrare negli habitat di interesse comunitario?
Questa è una domanda che ci si deve porre, altrimenti diventa davvero incomprensibile e ingiustificata la decisione di modificare la Legge regionale pugliese LR 17/2015, con cui di fatto si è eliminato il divieto di concessioni demaniali nelle zone interessate dalla presenza delle dune. La nuova norma consente infatti ai privati di utilizzare una delle poche aree costiere finora inconcedibili e che spesso e per fortuna sono all’interno di parchi regionali o nazionali.
Inizialmente incredulo e poi rincuorato, il FAI Puglia ha tirato un profondo sospiro di sollievo nell’ascoltare le parole della assessora regionale all’ambiente Anna Grazia Maraschio che, a margine dell’incontro “un patto per il clima“, in Fiera del Levante, alla presenza anche del ministro dell’ambiente Gilberto Picchetto Fratin, ha affermato che sulla questione dune “bisogna tornare indietro“. Ma rimane l’amaro in bocca nel registrare una leggerezza politica che minimizza il valore naturalistico e paesaggistico che la nostra costa pugliese deve conservare a tutti i costi.
Le perplessità infatti non riguardavano tanto riguardo la validità giuridica della modifica quanto la sua reale efficacia.
Di fatto la Regione dà totale mandato agli stabilimenti balneari di manutenere le dune, bene comune naturale, dando per scontato che gli imprenditori del turismo balneare e i privati in generale abbiano adeguati mezzi di conoscenza tecnica e scientifica e risorse economiche per farlo al meglio.
Sicuramente nel passato ci sono stati ottimi esempi di collaborazione tra pubblico e privati nell’attuare buone pratiche di protezione delle dune, come le azioni attuate nel Parco dune costiere in cui hanno lavorato sinergicamente Ente parco, lidi e l’Università di Bari, nella figura del prof. Mastronuzzi.
Ma queste condizioni ideali non possono essere date per scontate in ogni dove e in ogni condizione temporale e amministrativa, né tanto meno si può pensare di demandare questioni delicatissime ambientali esclusivamente a chi ha per scelta personale e imprenditoriale altri interessi che prescindono dalla protezione degli ecosistemi naturali.
L’ISPRA afferma che “le spiagge e le dune costiere sono forme di accumulo di materiale sabbioso, costituitesi principalmente per azione eolica. I sistemi spiaggia-duna meglio sviluppati si formano generalmente in coincidenza di tratti di costa bassa, confinanti verso l’interno con zone pianeggianti e caratterizzati, sul lato marino, dalla presenza di fondali poco profondi”.
Come si capisce, le dune sono un sistema complesso, in cui il mare, il vento e gli accumuli sabbiosi devono collaborare aspettando che le radici delle specie vegetali alofile trattengano i granelli di sabbia. Questo avviene lentamente e con grande difficoltà.
Con il vigente Piano paesaggistico la Regione Puglia ha individuato, tra gli Ulteriori Contesti Paesaggistici di cui all’art. 143 del Codice Urbani da sottoporre a specifiche misure di salvaguardia e di utilizzazione, i cordoni dunali consistenti in aree “in cui sono presenti accumuli naturali di materiale originati da processi di trasporto eolico, sia in fase attiva di modellamento, sia più antichi e, talvolta, anche parzialmente occupati in superficie da strutture antropiche”. Il Piano, includendo il bene duna in un sistema territoriale più complesso, al fine di salvaguardarlo dalla frammentazione e distruzione, al pari dei geositi, ne ha assicurato la tutela ritenendo normativamente non ammissibile la modificazione dello stato dei luoghi e ritenendo ammissibile, attraverso idonea e preventiva valutazione della compatibilità paesaggistica, la sola “realizzazione di passerelle o strutture simili e opere finalizzate al recupero della duna facilmente rimovibili di piccole dimensioni, esclusivamente finalizzate alle attività connesse alla gestione e fruizione dei siti tutelati che non ne compromettano forma e funzione e che siano realizzati con l’impiego di materiali ecocompatibili”. Di certo il PPTR, attraverso metodi e tecniche d’ingegneria naturalistica e di architettura del paesaggio, auspica progetti di valorizzazione o ripristino naturalistico dei sistemi costieri e dei cordoni dunali, in contesti pianificatori e di programmazione a scala territoriale tramite strumenti di governance (come i progetti integrati di paesaggio, gli ecomusei, i patti territoriali locali, ecc.) che la Regione deve promuovere con la cooperazione degli altri Enti pubblici territoriali e gli altri soggetti attuatori, pubblici e privati, per l’esercizio delle funzioni di tutela e di valorizzazione del paesaggio, in conformità a quanto disposto dal Codice Urbani, senza delegarli al privato.
Dall’ultimo Rapporto Spiagge di Legambiente si evince che nell’arco di trent’anni la demolizione delle dune è aumentata di ben cinque volte. Le dune sono minacciate dall’azione antropica e dall’erosione costiera: lo dicono anche gli studi effettuati sul litorale pugliese, contenuti nel Piano Regionale delle Coste, che hanno dimostrato che i cordoni dunali sono in forte decrescita e che ovunque siano diminuiti senza esser riusciti a favorirne la ricostituzione.
Così la reale conseguenza di questa modifica di legge quale sarà se non quella di favorire le concessioni balneari a scapito di quel bene, che è il cordone dunale, grazie al quale le spiagge resistono meglio all’erosione?
E allora forse rispondendo alla nostra domanda iniziale, il nocciolo della questione è sempre lì, ottimamente riassunto dalla fondatrice del FAI Giulia Maria Crespi “si protegge ciò che si ama, si ama ciò che si conosce”.