Ieri pomeriggio il presidente della commissione parlamentare Envi, Antonio Decaro ha partecipato alla riunione con il ministro Urso, arrivato a Bruxelles per incontrare gli eurodeputati italiani per discutere della richiesta, che sarà ufficializzata dal Governo italiano, sull’anticipo della clausola di revisione degli obiettivi delle emissioni Co2 da fine 2026 ai primi sei mesi del 2025.
“Quello che abbiamo ascoltato oggi da parte del ministro Urso è stato un discorso fuori dal tempo – commenta Antonio Decaro -, che sembra non fare i conti con la realtà che ci circonda. La necessità di un cambio di rotta di tutti gli Stati membri sulla transizione energetica, per raggiungere i target di riduzione dei tassi di inquinamento, non è un vezzo di qualche associazione ambientalista ortodossa, ma l’unica strada possibile per salvare il pianeta. Questo è dimostrato ancora una volta dai fatti di cronaca che hanno colpito i paesi dell’est e del centro Europa e, in questi giorni, anche l’Italia. Ad oggi, al contrario di quello che dice il Governo, non c’è nessun produttore di auto che ha chiesto di differire la scadenza del target del 2035 per il passaggio all’elettrico nè l’introduzione di combustibili alternativi come il biofuel. Piuttosto chiediamo di poter lavorare insieme ai legislatori dei Paesi europei su un pacchetto di misure che favoriscano i processi di transizione. Chiediamo che si individuino misure per sostenere la domanda dei veicoli elettrici, con politiche che favoriscano l’introduzione dei mezzi elettrici nelle flotte aziendali, così da innescare un processo virtuoso, la realizzazione delle infrastrutture per la ricarica che deve essere efficiente e capillare, oltre a sperimentare programmi di leasing sociale come fatto già in altri Paesi. Crediamo sia anche necessario che il governo italiano trovi una soluzione stabile per la diminuzione del costo dell’energia, ancora legato al sistema del prezzo unico nazionale. Gli Stati membri devono essere accompagnati con investimenti importanti sulle politiche per la transizione, così come i settori economici chiamati a intervenire. Questo soprattutto per attivare un sistema di protezione sociale che tuteli i lavoratori e i soggetti deboli. Ma spostare sin da oggi la scadenza del 2035, sostenendo che undici anni sono pochi per agire, significa partire già sconfitti. Questo l’Italia non può permetterselo”.