Siamo sconcertati per l’annuncio di querela comunicato da Acciaierie d’Italia nei confronti del nostro segretario nazionale Rocco Palombella. Non ci imbavaglierà nessuno. È paradossale che non si riconosca il diritto di pensiero e di critica sindacale nell’ambito di una vertenza così complessa e drammatica, a fronte di appuntamenti cruciali che avverranno nei prossimi giorni e che ci aspettiamo segnino una svolta, dopo anni di demolizione e di mortificazione sociale causati dall’attuale gestione.
È il tempo di riavviare la ricostruzione per garantire il futuro dello stabilimento e per i lavoratori. In merito agli ultimi anni di gestione, vogliamo sottolineare con qualche esempio che più volte è stato detto che i problemi erano collegabili alla bancabilità dello stabilimento e alla mancanza di liquidità. Intanto, per esempio, durante il periodo della pandemia Covid (rappresentato come momento critico da parte dell’azienda), tutte le acciaierie mondiali hanno guadagnato. Solo quella di Taranto ha prodotto di meno (nel 2021 poco più di 4 milioni di tonnellate di acciaio). Per Taranto, il Covid non ha fatto da “effetto molla”. Per quanto riguarda la guerra in Ucraina scoppiata nel febbraio 2022, la stessa ha avuto un effetto molto duro sul settore della siderurgia, anche italiana, che dipende dalle importazioni di prodotti semilavorati. L’acciaio di Taranto a ciclo integrale, quindi, sarebbe servito ad alimentare l’economia della manifattura nazionale, per colmare i difetti di produzione provocati dalla guerra. A fronte dei 6 milioni dichiarati dall’azienda nei primi mesi del 2022, a guerra già iniziata e con le criticità già evidenti, nello stesso anno sono state prodotte invece circa 3,3 milioni di tonnellate. Infine, più volte è stato pubblicamente detto che l’azienda è sana, per esempio alla vigilia dell’ultimo finanziamento di 680 milioni di euro stanziati dal governo Meloni. Ai sindacati fu chiesto di condividere il percorso per rilanciare la produzione; fu annunciata una produzione sottostimata di 4 milioni di tonnellate nel 2023 (sono stati invece prodotti circa 3 milioni di tonnellate). I sindacati non hanno mai saputo come sono stati spesi questi soldi pubblici e le criticità legate all’indebitamento erano già note al management aziendale.
Lunedì a Roma ci aspettiamo che il governo smetta di guardare al passato, ascolti la voce dei lavoratori e della città e ponga mano a questa situazione prima che sia troppo tardi, portando sul tavolo un progetto di rilancio che offra garanzie ai lavoratori tutti (lavoratori diretti, di Ilva in amministrazione straordinaria e dell’indotto).