I brani di “Conciati per le feste” sono brani nati dal vivo e per vent’anni hanno visto la luce soltanto nella effimera dimensione live della celebrazione festiva, racconta Vinicio Capossela. Per due decadi la loro vita è stata strettamente legata ad un periodo circoscritto, definito e ciclico, quello delle feste di fine anno; quel periodo in cui il buio della notte prevale sul giorno e attraverso i doni si pratica una contrattazione con gli spiriti delle tenebre per assicurarsi il ritorno della luce e l’avvento della vita; quel lungo periodo, cioè, che comincia con le feste dei morti e termina con la Pasqua dell’Epifania, in cui il tempo orizzontale e ordinario cerca di comunicare con la verticalità di un altro tempo.
Trascinati da un istinto ben radicato, per vent’anni abbiamo suonato concerti per le feste con in mente i Pogues e “Sulla strada” di Kerouac, in cui nei giorni di Capodanno si passa da una jam sfrenata all’altra con l’argento vivo addosso. L’epicentro di questa stagione in cui si rimbalza come in un grande flipper è sempre stato il Fuori Orario di Gattatico (RE), la nostra Rovaniemi, il paese di Babbo Natale e di tutti i suoi disgraziatissimi compari – a partire da Shane MacGowan, nato anche lui il 25 dicembre.
Ci sono volute l’interruzione del tempo imposta dalla pandemia e la festa mancata di quell’anno per chiuderci – ben mascherati e distanziati – a registrare queste canzoni con l’aggiunta degli inediti composti per l’occasione e finalmente dar loro una forma durevole e una vita autonoma su supporto.
Non avevamo previsto, però, che nel frattempo il mondo sarebbe precipitato lasciandoci attoniti e conciati per le feste. Prima l’isolamento, poi le guerre e il populismo trionfante: la realtà menava fendenti e imponeva urgenze. Tutto era diventato urgenza, anche le canzoni, che si sono quindi imposte in numero di 13 (Tredici canzoni urgenti).
Ora però è arrivato il momento di riprenderci la festa e di spostare l’accento da quella A passiva e piana alla O attiva e sdrucciola. Non più conciàti per le feste dalla realtà, ora siamo pronti a rivolgere un invito imperativo a tutti: cònciati per le feste! Acconciati, preparati, vestiti per riprenderti il tempo della festa e della vita!
Nella Festa, infatti, tutti sono attori protagonisti di una costruzione collettiva. Lo spirito che qui si rivela è lo spirito di una ritrovata partecipazione attiva, una palestra utile a uscire fuori dalla passività a cui la realtà spettacolarizzata del tempo ordinario ci riduce sempre più.
La festa vive in uno spazio e un tempo separati dall’ordinario e per accedervi bisogna acconciarsi convenientemente, indossando una maschera fittizia che permetta di liberare ciò che la maschera abitudinaria reprime e cancella.
La Festa d’altronde è un pericolo, perché si entra in un’area non programmabile, non prevedibile in cui ci si dà la possibilità di incontrare la Vita. In altre parole, nella Festa si corre il rischio più grande: quello di incontrare sé stessi. E allora sì che sono occhi neri! Allora sì che ci si concia male!
La Festa è infatti rivelatrice di un altro tempo, della possibilità di un’altra vita, di fronte alla quale si può impallidire, assumere il colore slavato e cadaverico del cerone di Amleto di fronte al teschio.
Dalla festa si può uscire suonati, e noi vogliamo suonarle tutte! Conciarci per le feste appunto!
Dopo essere apparse in un luogo e un tempo circoscritti, ora che sono registrate queste canzoni ci offrono la possibilità di moltiplicare tempi e luoghi con un tour.
Il giro di giostra partirà a fine ottobre, alla vigilia della festa dei morti, da Aosta e poi cercherà di insinuarsi anche nella quotidianità di tutta la Penisola e in diverse capitali europee, portando ovunque la luce della Festa e la brillante caducità dei coriandoli.
Conformemente alla natura composita della festa, Conciati per le feste attinge a diverse fonti e disparate tradizioni.
C’è lo swing alla Louis Prima (il cantante più festivo di tutti che mai ha inciso un pezzo natalizio), il folklore italo-americano di Lou Monte e Nick Apollo Forte, gli inni presbiteriani, le fantasmagorie fiabesche, pezzi festivi e digestivi, marimbe di ossa, ottoni e vibrafoni. C’è la doppia ancia dei sassofoni, l’organo Farfisa, la chitarra a pancia grossa, il contrabbasso degli Aristogatti, i tamburi forsennati, i cori, gli inni e le campanelle. Tutta la paccottiglia delle feste tirata a lucido per uno sparo di coriandoli con il retrogusto triste che sempre lascia questa sciagura inevitabile che sono le feste.
Solo il rischio del Guastafeste aleggia sulla buona riuscita del gioco festivo, che col suo cinico disprezzo è sempre in agguato per rovinare la gioia dell’unico tempo in cui ci si può liberare dai destini prescritti. Ma siate pronti, acconciatevi con noi! Esorcizziamo insieme il Guastafeste con tutti i suoi accoliti annidati in ogni piega del mondo! |