Miano: “Ai produttori siano proposti valori che coprano i costi di produzione e garantiscano redditività”
Sicolo: “Adesso servono unità d’intenti e buon senso per scongiurare perdite per tutta la filiera”
Lo studio del CREA, costi di produzione più alti nel Centro Sud rispetto a tutte le voci di spesa
FOGGIA – “Sul pomodoro da industria, al Centro Sud occorre superare questa fase di stallo nelle trattative e trovare quanto prima un accordo sul valore che la parte industriale deve riconoscere ai produttori. Un’intesa che garantisca la giusta redditività agli agricoltori, tenendo ben presenti i parametri economici dei costi di produzione che, come certificato da uno studio del CREA, al Sud sono purtroppo molto più alti rispetto al Nord. Per decidere di trapiantare, è giusto e necessario che i produttori abbiano un minimo di certezze, visto che devono già accollarsi per intero i rischi rappresentati da siccità, eventi climatici estremi e dalle crescenti difficoltà nel trovare manodopera”. È Angelo Miano, presidente provinciale di CIA Agricoltori Italiani di Capitanata, a lanciare l’appello per il raggiungimento di un’intesa in tempi brevi sui prezzi del tondo e del lungo da riconoscere ai produttori.
LO SVANTAGGIO DEL SUD. Lo studio del CREA, il principale ente di ricerca italiano dedicato alle filiere alimentari e vigilato dal Ministero dell’Agricoltura, ha messo in evidenza come in media, nel bacino sud, la resa sia significativamente migliore rispetto al bacino nord: 878 q/Ha del sud contro i 696 q/Ha del nord. Relativamente alla ripartizione dei costi di produzione il quadro è abbastanza omogeneo e le varie voci hanno più o meno lo stesso peso nel conto finale. La maggiore incidenza è relativa al costo del lavoro (27% al nord e 29% al sud), al costo lavoro macchine (14% al nord e 17% al sud) e all’acquisto di sementi (14% al nord e 15% al sud). Al di là dell’incidenza, quello che desta particolare attenzione è la notevole differenza che si registra su determinate voci di costo, molto più alte al sud che al nord. Nel Distretto sud, infatti, il costo di acquisto di sementi e piantine segna un +48% rispetto al nord mentre i costi di acquisto e utilizzo di agrofarmaci per la difesa delle colture registrano un +59%. Da evidenziare il costo delle risorse idriche superiore addirittura del 71%. Al sud più elevati anche i costi delle macchine (+68%) per il maggior ricorso al contoterzismo, così come il costo del lavoro (+58%) legato al maggiore fabbisogno di personale per la tipologia di raccolta.
I DATI DEL 2023. La superficie investita a pomodoro da industria nel 2023 ammontava a circa 68.500 ettari con un incremento rispetto al 2022 del 5%, sia al Nord Italia sia al Centro-Sud. Eventi climatici estremi e, in generale, un clima non favorevole hanno determinato un calo della resa produttiva per ettaro sia rispetto al 2022 sia rispetto al dato medio dell’ultimo triennio. La flessione della resa è stata più severa nel bacino produttivo del Nord Italia rispetto al bacino Centro-Sud e la campagna di trasformazione si è chiusa al Nord con un calo dei quantitativi conferiti alle industrie del 3% su base annua e al Centro-Sud con un incremento dello 0,5%. Nell’ultimo anno, c’è stata un’accelerazione della dinamica di aumento dei prezzi in tutte le fasi della filiera. La fase agricola ha dovuto fare i conti con l’aumento dei prezzi dei fattori di produzione, in particolare concimi e prodotti energetici.
UNITÁ E BUON SENSO. “Occorrono unità d’intenti e buon senso”, dichiara Gennaro Sicolo, presidente di CIA Puglia e vicepresidente nazionale di CIA Agricoltori Italiani. “Da questo punto di vista, molto importante è l’atteggiamento delle industrie conserviere. Se sono disposte a riconoscere ai produttori un prezzo equo, allora sarà possibile scongiurare il rischio di un calo delle superfici coltivate e di una minore produttività, che non gioverebbero a nessuno e danneggerebbero l’intera filiera”.