Pubblicato “Holding us back”, il report realizzato dall’ International Longevity Centre (ILC), con il supporto di Edwards Lifesciences, sulla disparità di accesso a diagnosi e trattamento delle malattie cardiache strutturali
Si tratta di malattie cronico-degenerative, caratterizzate da alterazioni della struttura del cuore e sono correlate all’età. Si stima che nel 2040, a livello europeo saranno oltre 20 milioni gli anziani colpiti, e di questi 2,5 milioni saranno italiani
Milano, 31 gennaio 2024 – Età, livello socioeconomico, sesso, etnia e posizione geografica sono i fattori che influiscono maggiormente sulla possibilità di diagnosi precoce e trattamento appropriato per le persone con malattie cardiache strutturali (SHD). Questo quanto emerge dal report Holding us back1, realizzato dall’ International Longevity Centre – ILC, il think tank del Regno Unito specializzato in longevità, con il supporto di Edwards Lifesciences.
Infatti, come riportato nel report, le donne sono sottoposte meno regolarmente ad auscultazione da parte del medico di famiglia rispetto agli uomini (24,2 per cento di donne contro 31,3 per cento di uomini), tra le persone più svantaggiate da un punto di vista socioeconomico le cardiopatie valvolari hanno il doppio di probabilità di non essere diagnosticate e l’insufficienza mitralica è quasi cinque volte più frequente nei Paesi a medio reddito rispetto a quelli ad alto reddito.1
«Una delle basi fondamentali di un buon sistema sanitario è che gli individui abbiano uguale accesso alle cure», afferma nel report Huon Gray, cardiologo, ex direttore della National Clinical for Heart Disease, NHS England. «I sintomi delle donne possono essere molto più sottili e non sempre presi sul serio», continua Angela Lowenstern, cardiologa interventista presso la Vanderbilt University, USA.
Le SHD sono malattie cronico-degenerative, caratterizzate da alterazioni della struttura del cuore, quali la stenosi aortica, il rigurgito mitralico e tricuspidale, e sono strettamente correlate all’avanzare dell’età. Considerando l’attuale tendenza demografica legata all’invecchiamento della popolazione, si prevede un aumento esponenziale di queste malattie, tanto che si stima che nel 2040, a livello europeo saranno oltre 20 milioni gli anziani colpiti, con un aumento del 42 per cento, e di questi 2,5 milioni saranno italiani.1,2
La maggior parte dei casi di SHD può essere facilmente trattata, ma l’assenza o ritardo nella diagnosi, l’accesso non uniforme alle cure e la disparità di trattamento tra i cittadini portano a peggioramento della qualità di vita e ad un aumento del tasso di mortalità.
«Abbiamo gli strumenti per trattare le cardiopatie strutturali. Ma se non le individuiamo in fase iniziale, sono inutili. Troppi anziani, soprattutto nelle comunità più svantaggiate, muoiono e hanno una bassa qualità di vita a causa delle SHD. La popolazione anziana è in crescita e diventa sempre più eterogenea, è necessario che i politici pensino in modo più strategico a come garantire a tutti, e non solo a pochi privilegiati, di beneficiare di una vita non solo più lunga ma anche più sana – dichiara Arunima Himawan, Senior Health Research Lead, ILC e membro della SHD Coalition Steering Committee dell’UE – .Abbiamo l’opportunità di ridurre in modo significativo – e persino di eliminare – il carico strutturale delle malattie cardiache, ma affrontare le disuguaglianze deve essere al centro delle soluzioni politiche. Le condizioni in cui le persone nascono, crescono, lavorano, vivono e invecchiano non dovrebbero influire sulla loro possibilità di ricevere cure».
Ritardi nella diagnosi o mancanza di trattamenti adeguati danneggiano la salute dei cittadini e l’economia; a livello europeo si investano circa 210 miliardi di euro all’anno per le malattie cardiovascolari, solo in Italia ogni anno viene sostenuta una spesa superiore agli 800 milioni di euro.3 Per questo risulta necessario attuare con urgenza azioni concrete e misurabili per contrastare queste patologie. All’interno del report Holding us back1sono presenti una serie di raccomandazioni rivolte all’OMS, all’UE, ai governi nazionali, ai sistemi sanitari e agli organismi di sanità pubblica in merito, in particolare:
- L’OMS dovrebbe incoraggiare tutti i Paesi ad aggiornare o sviluppare le proprie strategie di prevenzione cardiovascolare per includere specificamente le malattie cardiache strutturali, così da aumentare la consapevolezza della malattia e ridurre le disuguaglianze nelle diagnosi.
- L’UE dovrebbe sviluppare un piano per la salute cardiovascolare, sull’esempio del piano per il cancro dell’UE, che includa un obiettivo a livello europeo per la diagnosi precoce delle malattie cardiache strutturali.
- Tutti i Paesi dovrebbero sperimentare programmi di screening per le malattie cardiache strutturali, che dovrebbero includere l’obiettivo di ridurre le disuguaglianze attraverso una diagnosi più precoce.
«L’UE ha la responsabilità di salvaguardare la sua popolazione anziana, compresa quella proveniente da comunità emarginate. Il peso delle malattie cardiache strutturali sta crescendo e continuerà a crescere se non mettiamo in atto un’azione concertata. Per raggiungere questo traguardo abbiamo bisogno di una forte leadership, di un impegno e di un piano a livello europeo per la salute cardiovascolare, che riconosca e fissi un obiettivo per affrontare il peso delle SHD», conclude Brando Benifei, eurodeputato.
Il report è stato realizzato grazie alla collaborazione di 13 stakeholder chiave di tutta la comunità dei SHD e attraverso un workshop organizzato durante il 17th World Congress on Public Health di Roma, con la partecipazione di 10 esperti di salute pubblica.