Il Padiglione Nazionale dell’Arabia Saudita presenta la sua terza partecipazione alla 18. Mostra Internazionale di Architettura – La Biennale di Venezia con la mostra IRTH إرث [eredità] a cura delle due sorelle Basma e Noura Bouzo e progettata dall’Architetto AlBara Saimaldahar.
Per rispondere al tema della mostra internazionale The Laboratory of the Future, il Padiglione dell’Arabia Saudita esamina il rapporto simbiotico tra materiale e immateriale, unione che condiziona la percezione di chi abita un luogo e il suo rapporto con lo spazio.
I materiali utilizzati per dare forma a case e ambienti antropizzati ci raccontano molto degli abitanti di un Paese o di un’area geografica, a partire dalle qualità tangibili e intangibili che definiscono il carattere degli spazi e degli oggetti. I materiali contengono storie, racchiudono insegnamenti preziosi che costituiscono l’eredità su cui costruire il futuro. Un’eredità dinamica, di cui ognuno è destinatario e artefice, che proietta la nostalgia del sapere tradizionale verso l’innovazione, creando una linea di continuità in costante divenire.
IRTH إرث [eredità] offre un’esplorazione interattiva di questa linea che lega passato e futuro, a partire dall’elemento costitutivo dell’Architettura tradizionale saudita: la terra. Elemento strutturale e materiale di rivestimento architettonico, la terra è qui usata ed evocata nella consistenza e nel colore che attraversa l’intera gamma tonale della terra rossa d’Arabia, dall’entroterra alla costa del Mar Rosso.
Il progetto del Padiglione è caratterizzato da un approccio a più livelli, che consente ai visitatori una lettura da diverse prospettive: da una parte la struttura, articolata in più sezioni, riflette sul metodo e l’uso di componenti tradizionali insieme a tecniche innovative; dall’altra il contenuto della mostra racconta il presente e il futuro della materia nel contesto architettonico saudita.
L’allestimento – progettato dell’architetto AlBara Saimaldahar – unisce le idee di nostalgia, eredità e versatilità. Il layout guarda al futuro attraverso la lente del passato: valorizza l’essenza intrinseca dell’artigianato saudita attraverso elaborati manufatti, riprende i motivi tradizionali di Al-Balad, la città vecchia di Jeddah, e li trasforma in forme fluide. L’evoluzione del concetto stesso di patrimonio è messa in discussione con un percorso in crescendo che raggiunge il suo apice alla fine. Fulcro del progetto è la componente esperienziale: una sala immersiva ed essenziale stimola la dimensione sensoriale del visitatore, innescando reazioni individuali – ricordi, emozioni – prive di condizionamenti.
Il viaggio all’interno dei tre volumi principali del Padiglione inizia attraversando sei archi, veri e propri portali di accesso. Imponenti strutture di metallo a otto facce rivestite internamente con pannelli di legno ed esternamente con mattonelle dell’eredità di ceramica stampate in 3D – con un andamento irregolare e ondulatorio che ricorda le dune del deserto – i portali trasmettono un’idea sia di imponenza che leggerezza, evocando da un lato le architetture monumentali scolpite nella pietra e nelle grotte, possenti, apparentemente indistruttibili e durature nel tempo, e dall’altro la transitorietà della condizione materiale, instabile come la sabbia del deserto di Rub’ al-Khali, detto il “quarto vuoto”, con il rivestimento esterno che progressivamente scema fino a scomparire.
Al centro del Padiglione, nella penombra, la dimensione esperienziale prende corpo attraverso un ambiente olfattivo: una grande aula vuota rettangolare è intrisa di una fragranza creata appositamente per la mostra, a base di lavanda, franchincenso e mirra, con note olfattive risonanti rispetto alla cultura araba nella sua dimensione più prettamente domestica. Snodo sensoriale immersivo, questo ambiente smaterializzato offre uno scorcio sul futuro attraverso la lente della tradizione: un’esperienza esistenziale in cui i visitatori sperimentano qualcosa di eccezionale, sentendo un “momento” nel tempo e innescando un ricordo del Padiglione che sarà diverso per ogni persona.
Unico elemento materiale all’interno della sala è una scultura, una colonna in argilla stampata in 3D, illuminata da luci interne che proiettano motivi luminosi sul pavimento, sulle pareti e sul soffitto del Padiglione. Al termine della Biennale Architettura, quest’opera verrà trasportata nel fondale del Mar Rosso, fungendo da pietra artificiale per stimolare la crescita di un ecosistema marino. Le strutture sottomarine svolgono un ruolo fondamentale nella formazione di habitat. Gradualmente, man mano che verranno stampate altre colonne, questa “prima pietra” verrà affiancata da nuovi elementi: una crescita graduale e continua che trasformerà un singolo oggetto collocato artificialmente nell’ambiente naturale in una distesa di linee verticali, un labirinto da cui germoglieranno coralli e altre forme vita. Il contrasto tra la forma geometrica pura delle colonne e l’espandersi irregolare della vita al loro interno renderà visibile il rapporto tra naturale e artificiale: un elemento creato e portato dall’uomo viene reclamato e inglobato dalla Natura, in un equilibrio dinamico, allo stesso tempo fragile e duraturo.
Il percorso si conclude con il passaggio attraverso altri due portali: il visitatore è invitato a partecipare alla loro trasformazione, aggiungendo nuove mattonelle di argilla alla struttura ottaedrica, in un gioco di progressivo cambiamento, giorno dopo giorno.
Le sperimentazioni esposte nel Padiglione Nazionale dell’Arabia Saudita raccolgono le prospettive interdisciplinari di architetti e progettisti in un progetto che invita il pubblico a prendere parte a un’esplorazione che contribuirà alla definizione di un’eredità per le generazioni future.
Il fil rouge tra i diversi approcci impiegati e le filosofie applicate alla disciplina architettonica che il Padiglione porta in primo piano è quel concetto di pratica collaborativa come fondamento del laboratorio del futuro: uno sforzo collettivo che trova terreno comune nel desiderio di migliorare la condizione umana e rispondere alle sfide che sono davanti a noi.
Il Padiglione porta in primo piano il concetto di pratica collaborativa come fondamento del laboratorio del futuro. Invita i visitatori a infrangere il loro ruolo di spettatori e a diventare agenti attivi del processo. L’esperienza rispecchia il futuro dell’architettura e della materialità come un lavoro in corso, determinato dai professionisti e dagli occupanti. – Basma e Noura Bouzo
La conclusione del percorso in sé non è la fine, ma piuttosto un invito alla riflessione e all’eventuale analisi di come i propri sensi non solo prendano ma generino impronte nello spazio e nel tempo. È qui che l’architettura porta in superficie il valore dell’immateriale e dell’invisibile, permettendo a chi occupa lo spazio di costruire la propria dimensione cognitiva e di trovare il proprio posto nel mondo. – AlBara Saimaldahr
Abbiamo collaborato con diverse istituzioni, realtà locali, architetti e liberi professionisti per ottenere informazioni sulle varie sperimentazioni e scoperte al momento in atto in Arabia Saudita e nell’intera regione. La mostra vuole porsi come un canale per una conversazione allargata alle prospettive attuali e su ciò che possono rappresentare per il futuro della materialità e dei paesaggi antropici. – Joharah Lou Pabalate and Cyril ZammitSiamo orgogliosi della terza partecipazione del Regno dell’Arabia Saudita alla 18. Mostra Internazionale di Architettura – La Biennale di Venezia con il tema “The laboratory of the future” della curatrice Lesley Lokko. Imparare dai nostri colleghi e coinvolgere nuovi partner e amici ci permette di costruire ponti per il dialogo e la comprensione. – Dr Sumayah Al-Solaiman, CEO della Commissione Architettura e Design