Entra nel vivo la seconda edizione del Taranto Eco Film Festival, diretto diretto da Gemma Lanzo con la collaborazione di Donatello Fumarola, presso l’elegante Teatro Fusco che nel cuore della città tarantina accoglie 16 pellicole in concorso provenienti da tutto il mondo; opere cinematografiche che sanno indagare e raccontare le relazioni tra l’uomo e l’ambiente, ponendo particolare attenzione ai linguaggi di ricerca e sperimentazione. Il programma di martedì 19 novembre si apre alle 9.30 con le opere del Concorso InPuglia dedicato ai cortometraggi girati interamente in Puglia e che sanno raccontare i temi più urgenti della contemporaneità. I corti del programma della terza giornata del festival seguono la storia di giovani protagonisti che osservano il mondo con curiosità scoprendo una realtà complessa e non sempre facile come per la piccola protagonista del corto Otto Passi di Anna Seviroli: Nageth e sua madre Amira, compiono l’ennesimo viaggio alla ricerca di una precaria speranza. Nel mezzo di quest’avventura si troveranno ad affrontare l’ostacolo più pericoloso, quello del pregiudizio che le metterà di fronte ad un grande equivoco. La regista affronta, attraverso la quotidianità dei suoi protagonisti, il tema del pregiudizio e dell’enorme difficoltà che ogni giorno le famiglie di immigrati e i loro figli devono affrontare nella ricerca di una stabilità e di una vita in cui i propri diritti siano riconosciuti. Nel corto La Sposa di Dario Di Viesto, il regista si immerge nel passato alla ricerca di antiche tradizioni legate alla magia e al credo popolare. Siamo agli inizi del XX secolo in un paesino del sud, dove le ragazze fin da bambine sono avviate all’arte del cucito. Durante una notte misteriosa, a una giovane ragazza viene chiesto di cucire un abito da sposa per la sua amata zia venuta a mancare improvvisamente. Dal suo successo dipenderà la realizzazione di un antico rito.
Il Taranto Eco Film Festival, attento allo sguardo dei più giovani, apre il concorso dedicato ai cortometraggi anche alle scuole selezionando due lavori provenienti dagli istituti superiori. Fiore di corallo dell’IPS Cabrini Taranto raccoglie i racconti legati alle leggende popolari per avvicinare i ragazzi e il grande pubblico al problema degli stereotipi e della violenza di genere: una leggenda popolare racconta che nelle notti di plenilunio, Skuma si aggiri per il Golfo di Taranto sperando nel ritorno dell’amato marito. È una leggenda romantica attraverso cui ci si rende conto dell’importanza del perdono, sia in amore sia in qualunque altro rapporto e della necessità di eliminare l’odio e il desiderio di vendetta al fine di promuovere una corretta cultura della relazione uomo donna. Gli studenti del Liceo Artistico Calò si interrogano, in Anxiety, sulle paure che coinvolgono le nuove generazioni di ragazzi grazie alla protagonista Lara di diciotto anni che dovrà fronteggiare le sue ansie, al culmine di una giornata come tante, avventurandosi nel perturbante confine tra incubo e realtà.
Alle 11.00 è la volta del Concorso Internazionale dedicato ai lungometraggi con The Waste Land di Chris Teerink che, a un secolo dalla pubblicazione, considera l’omonimo poema di T. S. Eliot accanto al nostro presente, affermando con certezza che le sue parole continuano a risuonare e ad alimentare la nostra immaginazione. Il regista non offre un’analisi del poema, ma cerca invece dei paralleli. Con una colonna sonora del cantautore olandese Blaudzun e utilizzando fotografie e fotogrammi al posto delle immagini in movimento, crea uno slideshow che rispecchia il nucleo frammentario del linguaggio di Eliot. Il poema stesso è un arazzo che attinge materiale da Dante Alighieri, dal buddismo e dall’induismo. In questo strano film, Teerink mostra come questi fili attraversino il nostro presente. Mentre ascoltiamo scrittori, studiosi di letteratura e altri pensatori riflettere la poesia di Eliot, immagini potenti e spiazzanti illustrano come la fede nel progresso vacilli letteralmente ai confini della nostra società. Dai paesaggi urbani di Londra alla terra di nessuno del deserto del Mojave, dall’Italia della scrittrice Ilja Leonard Pfeijffer ai confini della Polonia, luogo di recente restrizione violenta per chi cerca rifugio, la Waste Land è ovunque.
La storia coloniale europea è una delle pagine più tristi della storia dell’umanità e ancora oggi ha ripercussioni sulla stabilità geopolitica e identitaria dell’Africa. Durante il processo di decolonizzazione sono tante le guerre civili che si sono susseguite all’interno delle nazioni africane, portando molto spesso all’instaurazione di feroci dittature, povertà e indigenza nella popolazione. Ma durante il post colonialismo molte nazioni hanno intrapreso un percorso di ricostruzione e costruzione della propria società ricercando una vera unità e identità, come nel caso del film Orso d’oro all’ultima Berlinale Dahomey di Mati Diop (in programma alle 14.30) che racconta il processo di restituzione da parte dei francesi di ventisei opere sottratte durante la colonizzazione di quello che era un tempo il Regno del Dahomey, nell’attuale Benin in Africa occidentale. Fondato intorno al 1600, all’apice della sua potenza, tra XVIII e XIX secolo, vantava, oltre a un ruolo chiave nella tratta degli schiavi verso le Americhe, un notevole patrimonio artistico-architettonico. Durante l’inaugurazione della mostra celebrativa l’università organizza un dibattito in cui diversi giovani si confrontano sul periodo coloniale e la valenza di questa restituzione.
Alle 16.00 è a volta dello straordinario Non aspettarti troppo dalla fine del mondo ultima, colossale opera di Radu Jude, vincitore del premio speciale della giuria a Locarno (2023), nominato da Cahiers du Cinéma tra i più bei film del 2023 e scelto per rappresentare la Romania agli Oscar come miglior film straniero. La pellicola di Jude è un’opera densa e stratificata sul cinema, l’economia e la nuova società contemporanea che si muove in maniera frenetica tra lavoro e sfruttamento, morte e nuova gig economy. Diviso in due parti il film segue le vicende della protagonista Angela che, oberata dal lavoro e sottopagata, attraversa Bucarest in macchina per filmare il casting di un video relativo alla sicurezza sul lavoro commissionato da una multinazionale. Alla lunga giornata di Angela, ripresa con un bianco e nero sporco e granulare, si alternano le immagini del film “Angela merge mai departe” di Lucian Bratu, un’altra visione cinematografica di Bucarest caratterizzata dai colori sgargianti del 35mm con cui il regista apre un confronto tra la Romania di Ceaușescu e il mondo attuale. La seconda parte del film è una lunga e unica inquadratura, dove uno degli intervistati rivela le responsabilità della stessa società nel suo incidente, causando uno scandalo.
La terza giornata del Taranto Eco Film Festival si chiude alle 20.30 con la sezione Sound & Vision e lo straordinario film sperimentale Limite del 1931, opera prima e unica di Mario Peixoto. Il film, manifesto del cinema sperimentale brasiliano, racconta la storia di tre sconosciuti, un uomo e due donne che sull’orlo della disperazione decidono di lasciare la propria vita scivolando su una barca in mezzo al nulla. La barca ferma in mezzo all’acqua, dove non si percepisce i confini dell’orizzonte, accoglie le storie dei protagonisti che raccontano la propria disperazione e fallimento: l’uomo ha perso la donna che amava, la donna vestita di nero ha un matrimonio infelice, mentre la donna vestita di bianco è oppressa dalla sua vita di sarta. L’assenza di nomi e la ricostruzione delle tre vite attraverso flashback che si intrecciano tra loro, rende le storie fortemente universali, storie che si dipanano attraverso il simbolismo e la costruzione delle immagini. Ciò che colpisce nel film di Peixoto non è il racconto, ma la ricerca che il regista compie nella messa in scena, nella ricerca di soluzioni creative che rende il film muto un caposaldo della cinematografia mondiale per tutti i critici e gli studiosi di cinema. La pellicola restaurata dalla Cineteca di Bologna, sarà musicata dal vivo da Francesco Massaro, strumentista e compositore per progetti multidisciplinari che uniscono musica creativa, arti visive, poesia, audio/video, arti elettroniche e danza. Attualmente dirige il gruppo “Francesco Massaro & Bestiario” formazione elettroacustica con la quale affronta un repertorio originale tra partiture grafiche, notazioni tradizionali e libera improvvisazione, cercando (im)possibili relazioni tra musica, bestie immaginarie, cataloghi medievali, Patafisica e avanguardie storiche.