A Bari, grazie alla Fondazione Fumarulo, una mostra che racconta come si può rinascere dalla violenza. Protagoniste del lavoro dell’artista Belén Basombrìo, le donne vittime di tratta e di violenza domestica seguite dall’APS G.I.R.A.F.F.A. L’esposizione nell’area partenze dell’aeroporto “K. Wojtyla”.
Diciassette donne, italiane e straniere, vittime di tratta e violenza domestica, per una mostra che nasce dall’idea di rendere concreto il concetto di guarigione e rinascita dalla condizione di vittima. L’idea è dell’artista argentina Belén Basombrìo ed è stata sostenuta dalla Fondazione Antimafia Sociale “Stefano Fumarulo” (intitolata al dirigente della Regione Puglia impegnato nella lotta alle mafie scomparso prematuramente nel 2017) che l’ha realizzata in collaborazione con l’APS G.I.R.A.F.F.A. (associazione fondata da donne per le donne, che gestisce il centro antiviolenza intitolato alla psichiatra “Paola Labriola”, 4 sportelli di cui uno on line sul sito www.giraffaonlus.it, una casa rifugio e una casa in semiautonomia).
La mostra si intitola “Guarire e crescere attraverso l’arte delle donne”, e fino a metà giugno prossimo sarà visitabile nell’area partenze dello scalo di Bari Palese di Aeroporti di Puglia.
L’area partenze dello scalo barese di Aeroporti di Puglia non è un luogo scelto a caso per l’allestimento della mostra. Si tratta infatti di un luogo di (ri)partenza nel quale riflettere su un tema di grande attualità come quello della lotta alla violenza contro le donne, uno degli argomenti di cui si parlerà nel corso del vertice dei G7 in programma dal 13 al 15 giugno prossimi, in Puglia.
La mostra è dunque un percorso immersivo nel dolore e nel riscatto di donne vittime di violenza. A guidare il pubblico sarà un filo rosso che richiama da una parte la natura tessile della mostra, e dall’altra il colore rappresentativo della violenza di genere. Sarà una immersione nel dramma delle donne, ma anche nella loro rinascita. Donne in cammino, non più sole ma strette in una rete di salvataggio, in un abbraccio di sorellanza.
La mostra è frutto di una esperienza che ha permesso alle donne coinvolte di “guarire e crescere” insieme, anche nel rispetto dell’ambiente e in un’ottica di circolarità e riuso di materie prime. E proprio il riuso rende visibile il percorso di cambiamento delle vittime di violenza, considerate spesso come oggetto e scarto.
Belén Basombrìo è un’artista visiva. Si è formata in Arte Contemporanea, con Alicia Romero e Marcelo Gimenez e ha completato una Specializzazione in Ceramica nella Fondazione Condorhuasi. Ha tenuto laboratori artistici per donne rifugiate presso la Fondazione Libera, Italia (2023) e laboratori artistici per bambini presso il Centro Culturale della Scienza (2022). Ha vinto il Primo Premio alla Triennale Internazionale di Pittura di Tijuana, Messico, per la sua opera d’arte tessile “En Blanco” (2022). Vive nel quartiere Palermo di Buenos Aires, dove ha il suo laboratorio di ceramica e la sua impresa imprenditoriale Adorado Arte, e vive l’arte come una missione sociale, affrontando temi come le migrazioni, la violenza e il cambiamento climatico. Utilizza tecniche e materiali diversi per realizzare lavori che si muovono tra diversi generi artistici tridimensionali, libri d’artista, disegni e fotografie. La sua è un’arte in movimento, all’interno di botteghe nomadi.
La violenza sulle donne è un argomento che ha più volte affrontato nella sua carriera sempre utilizzando tessuti di scarto per riflettere sulla situazione di vulnerabilità delle donne in diversi contesti, o riportando note sugli atti di violenza e sui femminicidi in Argentina.
<<L’arte ha il potere straordinario di aiutare le persone, anche quelle che hanno subito violenze indescrivibili, a riscrivere i significati della propria vita, e la mostra inaugurata questa mattina lo conferma – ha dichiarato il presidente della Regione Puglia -. Le opere che fanno parte di questo percorso espositivo sono state realizzate da 17 donne vittime di tratta e di violenza domestica; i loro lavori, prodotti attraverso l’arte nobile e tradizionale del cucito, raccontano il senso profondo di quell’attività dolorosa ma necessaria per riprendere il proprio cammino dopo la violenza subita. È sul significato della rinascita che dobbiamo concentrarci. Per questo, ringrazio l’associazione GIRAFFA che, con la guida dell’artista argentina Belén Basombrìo, ha accompagnato queste donne in un percorso di guarigione, e la Fondazione Fumarulo che, attraverso queste attività, porta avanti le idee e i valori di Stefano Fumarulo, che ci ha aiutati a rendere la Puglia una delle Regioni più avanzate nel contrasto non repressivo alle attività criminali>>.
<<I manufatti esposti in questa mostra raccontano le storie e i dolori di donne che hanno subìto violenze, e sono la voce di chi, pur non avendo voce, ha ancora tanto da dire. Questo è quello che sono stata anche io per tanti anni – ha detto l’assessora alla Cultura, Legalità e Antimafia sociale della Regione Puglia – quando ho cercato di raccontare la mia storia di dolore e di riscatto. Quanto sono belle le donne che vanno avanti a testa alta e non hanno paure di dire la verità, e che continuano ad amare nonostante abbiano il cuore pieno di cicatrici! Proprio le cicatrici sono la trama di questi manufatti, che evidenziano il tentativo di ricucire i pezzi di una vita, di un’identità, di un amore, e mi hanno ricordato la pratica giapponese del kintsugi, che consiste nel riparare un manufatto attraverso una polvere d’oro, che non nasconde, ma anzi evidenzia i segni della rottura. Perché in quei segni c’è il senso di un percorso di elaborazione del dolore e di crescita, che può insegnarci a volare di nuovo. Ringrazio l’associazione GIRAFFA per questo bellissimo progetto e ringrazio la Fondazione Fumarulo, che porta avanti la missione di Stefano, che mi onoro di chiamare fratello>>.
<<La Fondazione e i partner di questo progetto sono orgogliosi di aver portato un messaggio chiaro in difesa di tutte le donne vittime di violenza – ha affermato Angelo Pansini, presidente della Fondazione Antimafia Sociale “Stefano Fumarulo” – Lo hanno fatto lavorando durante gli scorsi mesi con le donne segnate dalla tratta e dalla violenza, e stanno continuando a farlo portando, davanti a tanti occhi, i lavori di quelle donne, carichi di storie, dolore e voglia di ricominciare. I manufatti esposti sono di fattura semplice, ma dietro di essi ci sono i racconti di queste e di tante altre donne, che provano a rimarginare le proprie ferite e a trovare nuovi percorsi di vita. Questa nostra piccola iniziativa vorremmo fosse utile per ricordare, oggi come ogni giorno, quanto ancora occorra che le nostre comunità lavorino ad ogni livello per proteggere e sostenere le donne vittime di violenze e costruire con loro e per loro nuove occasioni per ricominciare>>.
<<L’arte può testimoniare e dare voce là dove gli Stati e le società civili falliscono – sostiene l’artista Belén Basombrìo – L’arte può guarire, riparare e offrire l’opportunità di pensare alternative per andare avanti. È nostro dovere, come artisti, essere presenti e trovare un’alternativa di vita, inventare nuove pratiche e progetti che siano collaborativi e orizzontali. Impegnare la nostra creatività nella relazione con le forme di vita umana più vulnerabili è il gesto più importante che possiamo fare per rendere il mondo un luogo vivibile per tutti>>.
<<Ringrazio la Fondazione Stefano Fumarulo, e in particolare Marialuisa Pantaleo mamma di Stefano e Angelo Pansini, per aver pensato a G.I.R.A.F.F.A. per la realizzazione del laboratorio artistico realizzato in maniera sapiente grazie alla creatività di Belén Basombrìo – ha detto la presidente dell’APS G.I.R.A.F.F.A. Maria Pia Vigilante – I laboratori, tra le donne provenienti da esperienza di vita diversa e di etnia diverse, hanno sprigionato una enorme energia positiva tra tutte tanto da indurle ad aprirsi, divertirsi insieme, vedersi oltre il laboratorio e quindi riuscire a elaborare e andare oltre il proprio dolore grazie all’arte>>.
<<I numeri, impietosi, raccontano ancora di troppe donne vittime di violenza – ha dichiarato il presidente di Aeroporti di Puglia – Dati terribili che, tuttavia, sono sottostimati rispetto a una realtà sconosciuta che vede ancora tante donne costrette a subire in silenzio. Con questa iniziativa Aeroporti di Puglia vuole ribadire la propria vicinanza alle Donne. Una scelta non nuova, di forte valore sociale, fatta di impegno quotidiano. Non a caso, da tempo, negli aeroporti di Bari e Brindisi sono state installate due panchine rosse, per tenere alta l’attenzione di quanti transitano nei nostri scali su quella che è una emergenza sociale alla quale non sempre viene prestata la dovuta attenzione, se non sull’onda emotiva di tragici avvenimenti. Per questo, attraverso questa mostra, vogliamo dare il nostro contributo per scuotere le coscienze affinché si ponga fine a quella che, giorno dopo giorno, assume i tratti di un’autentica barbarie che tutti, nessuno escluso, dobbiamo impegnarci a sconfiggere restituendo un futuro sereno alle Donne che combattono per la loro dignità>>.