‘Le passioni e le idee’ il libro di Giovanni Capurso

Un libro in occasione dell’anno “matteottiano”

“Carissimo Tommasino […], confesso che oggi sono molto più pessimista di due anni fa. Ma si tratta di impressioni. Nessuno può dire se noi saremo sempre condannati a delle battaglie di carte stampate, oppure avremo la fortuna di passare ai fatti” scrisse un corrispondente di Tommaso Fiore quando ormai la dittatura era un fatto compiuto. 

Dopo l’assassinio di Giacomo Matteotti e il discorso di Mussolini del 3 gennaio 1925, la battaglia politica degli antifascisti sembrava persa; eppure le idee di cui erano portatori continuarono a rimanere vive, ad attraversare il tempo e infine si rifecero durante la Resistenza. Ci verrebbe da dire con lo stesso Matteotti “uccidete me, non le idee che sono in me”.

In un’epoca di eclissi delle grandi idee, di crisi delle visioni del mondo, questo saggio storico sembra quasi essere una provocazione. 

E in effetti nell’opera, dal titolo eloquente “La passione e le idee”, edita da Progedit, Giovanni Capurso, più che perdersi in aspetti cronachistici, già abbondantemente raccontati, sembra essere interessato al confronto tra idee attraverso i principali protagonisti di un’epoca particolarmente inquieta e turbolenta, quella che va dalla crisi delle istituzioni liberali all’avvento della dittatura, dall’assassinio di Giuseppe Di Vagno a quello di Giacomo Matteotti. Le posizioni appassionate di Tommaso Fiore, Guido Dorso, Gaetano Salvemini, Giustino Fortunato, Delfino Pesce e altri vengono messe a confronto con l’uso di fonti inedite e poco conosciute. 

Il volume sembra porsi in chiara continuità con la precedente biografia, “La ghianda e la spiga” (sempre Progedit), su Giuseppe Di Vagno, primo parlamentare assassinato a causa delle violenze squadriste; opera che è valsa alcune ristampe e dei riconoscimenti importanti come la finale del premio Fiuggi Storia2021.  

Se il punto di partenza sembra essere l’omicidio del giovane martire socialista, ora lo scenario si allarga alla realtà pugliese che, assieme a quella dell’Emilia, costituisce un vero e proprio laboratorio politico di un metodo violento e terroristico capace di fare scuola in tutta Italia. Già a novembre 1922, infatti, il giovane Piero Gobetti con ironia scrisse: “chiediamo le elezioni coi mazzieri, non solo in Puglia, ma a Torino e a Milano”. 

Ne viene fuori un testo particolarmente originale sia nell’approccio che nel metodo di ricerca.  

Poi, parlando di idee, ovviamente la scelta dell’immagine di copertina non poteva che ricadere su uno dei simboli più noti dell’epoca: quello utilizzato per le tessere socialiste.

Per quanto riguarda lo stile, Capurso, come di consueto, non cede alla tentazioni di avvitamenti o autoreferenzialità, come accade molto spesso per chi si occupa di ricerca storica, restituendoci un volume scorrevole e accessibile ai non addetti ai lavori; a maggior ragione per un tema particolarmente complesso come quello affrontato. 

Nota biografica 

Giovanni Capurso è nato a Molfetta (BA) nel 1978. È scrittore e saggista, attento in particolare alle questioni legate al meridionalismo. Tra le sue pubblicazioni più recenti ricordiamo La vita dei pesci (Lecce 2017), Il sentiero dei figli orfani (Viterbo 2019) e La ghianda e la spiga (Bari 2021). Ha partecipato a diverse collettanee tra cui L’omicidio politico di un socialista (Catanzaro 2022) e I due maestri del Sud in “Caro, don Gaetano” (Bari 2022). Scrive per numerosi periodici e blog culturali.