I disturbi del neurosviluppo risultano tra le malattie più frequenti dell’età evolutiva. I dati dell’Organizzazione Mondiale della Sanità – OMS segnalano un rischio per tali disturbi nel 20 per cento tra i minorenni, tanto che negli ultimi anni l’esordio è diventato sempre più precoce per numerose condizioni neuropsichiatriche
Secondo quanto emerge dal libro bianco dell’assistenza pediatrica in Italia a cura della FIAPERD – Federazione delle Società Scientifiche e delle Associazioni dell’Area Pediatrica, presentato lo scorso dicembre, sono oltre 100 mila i minori che ogni anno vengono assistiti in reparti non pediatrici
Da Fondazione Onda ETS, le possibili soluzioni alle difficoltà della transizione dall’età evolutiva a quella adulta per questi disturbi per garantire una continuità assistenziale adeguata
Milano, 18 luglio 2024 – Investire in servizi e programmi di salute mentale a livello nazionale, mettere in atto strategie di prevenzione e di diagnosi precoce, garantire nella transizione una continuità di cura tra i 15 e i 24 anni con la collaborazione tra specialisti, adottare un approccio coordinato e multidisciplinare, un’integrazione dei servizi, una comunicazione efficace, un appropriato supporto alla famiglia: queste sono alcune delle necessità emerse dal convegno “Dall’età evolutiva all’età adulta: transizione e tutela della salute mentale – percorsi interdisciplinari e presa in carico” organizzato da Fondazione Onda ETS e SINPF – Società Italiana di NeuroPsicoFarmacologia, con il patrocinio di SIP – Società Italiana di Pediatria, SINPIA – Società Italiana Neuropsichiatria dell’Infanzia e dell’Adolescenza, SIP – Società Italiana di Psichiatria, SIMG – Società Italiana della Medicina generale e delle Cure primarie e FeDerSerD – Federazione Italiana degli Operatori dei Dipartimenti e dei Servizi delle Dipendenze e con il contributo non condizionato di Otsuka Italia.
«I giovani di oggi vivono un grande disagio, complice anche il ruolo della pandemia. Se da un lato, è fondamentale che esprimano a gran voce questo disagio in modo tale che i genitori vengano informati e si possa, di conseguenza, intervenire tempestivamente, dall’altro si deve garantire che il servizio di presa in carico sia efficace, non dispersivo e non lasci indietro nessuno. Al compimento della maggiore età, i giovani non si devono perdere all’interno del sistema proprio perché laddove sia ottenibile la guarigione, possono essere adottati interventi efficaci in grado di ridurre l’intensità, la durata dei sintomi e le conseguenze. Oltre a ciò, stigma e mancanza di informazioni nei confronti della malattia mentale contribuiscono al ritardo nell’inquadramento diagnostico. Ringraziamo tutti i partner e gli esperti coinvolti in questa iniziativa per aver fornito soluzioni e raccomandazioni puntuali per affrontare il problema della transizione e continuità psichiatrica», dichiara Francesca Merzagora, Presidente Fondazione Onda ETS.
I disturbi del neurosviluppo risultano tra le malattie più frequenti dell’età evolutiva. I dati dell’Organizzazione Mondiale della Sanità – OMS segnalano un rischio per tali disturbi nel 20 per cento tra i minorenni, tanto che negli ultimi anni l’esordio è diventato sempre più precoce per numerose condizioni neuropsichiatriche, in particolare per i disturbi del comportamento alimentare, con un’età media all’esordio di 8 anni. Se da un lato i numeri erano già consistenti in epoca prepandemica, è innegabile che siano peggiorati durante e dopo la pandemia da Covid-19. Negli ultimi quattro anni, infatti, si è registrato un aumento del 28 per cento dei disturbi mentali a seguito di una condizione globale di incertezza legata alla pandemia, al cambiamento climatico e alle guerre. I disturbi della nutrizione e alimentazione e alcuni disturbi del neurosviluppo, come il disturbo da deficit dell’attenzione o iperattività e l’autismo, in particolare, sono tematiche che sempre più richiedono il passaggio verso servizi per la salute mentale degli adulti, con esordi sempre più precoci.
In questo scenario, l’Italia si conferma fanalino di coda in materia di fondi dedicati alla salute mentale: infatti, la spesa per la salute psichiatrica nel nostro paese non supera il 3 per cento: una cifra irrisoria, soprattutto se paragonata agli investimenti di altri paesi europei, come Germania e Francia, dove la spesa supera il 10 per cento del Fondo Sanitario. Questo porta ad avere una risposta territoriale a questi bisogni assistenziali estremamente carente a fronte delle risorse insufficienti.
Secondo quanto emerge dal libro bianco dell’assistenza pediatrica in Italia a cura della FIAPERD – Federazione delle Società Scientifiche e delle Associazioni dell’Area Pediatrica, presentato lo scorso dicembre, sono oltre 100 mila i minori che ogni anno vengono assistiti in reparti non pediatrici. Particolarmente delicata è la situazione della neuropsichiatria infantile, dove l’esplosione delle richieste per disturbi psichiatrici gravi e acuti sta saturando i posti disponibili, tanto che il 30 per cento dei ricoveri per disturbi neuropsichiatrici in età evolutiva avviene in reparti pediatrici e il 10 per cento dei ricoveri di minorenni per disturbi psichiatrici avviene in stato di necessità in reparti psichiatrici per adulti, nonostante tale collocazione sia gravemente inappropriata.
È in questo contesto che si inserisce l’impegno di Fondazione Onda ETS e delle società scientifiche nel miglioramento della presa in carico dei giovani e nella tutela della loro salute mentale. In tal senso, gli esperti si prefiggono di promuovere, in primo luogo, una sempre più sinergica collaborazione tra neuropsichiatri, pediatri di libera scelta e i medici di Medicina generale in modo tale da delineare un percorso verso i servizi di riferimento a supporto alle famiglie, favorendo così la transizione ai servizi dell’età adulta, come ricorda Claudio Mencacci, Co-Presidente SINPF Società Italiana di NeuroPsicoFarmacologia: «I primi impegni per le patologie mentali in età pediatrica e adolescenziale sono le strategie di prevenzione, screening e diagnosi precoce, secondariamente occorre garantire nella transizione dai 15 ai 24 anni una continuità di cura in collaborazione con la psichiatria-neuropsichiatria-dipendenze e la transizione dal pediatra al medico di Medicina generale. Di fatto si rende necessario un approccio coordinato, multidisciplinare, integrato dei servizi, una comunicazione efficace e un reale e appropriato supporto alla famiglia. Le Società Scientifiche condividono sempre più una visione comune e una unità di intenti, latita ancora la risposta istituzionale e l’assenza di un prioritario investimento in servizi e programmi di salute mentale a livello nazionale. Purtroppo, continua a mancare una visione di insieme, sono stati facilitati interventi spot come il bonus psicologico o lo psicologo di base in assenza di una visione di sistema, di un coordinamento sinergico ed efficace come l’istituzione di una Agenzia Nazionale per la salute mentale che possa garantire equità e condivisione sul territorio nazionale al tempo della nuova autonomia differenziata. Un Paese che non investe sulla salute mentale dei giovani non potrà crescere, cambiare e credere nel futuro.»
Il confronto deve tradursi in una solida alleanza tra pediatria, neuropsichiatria dell’infanzia e dell’adolescenza, psichiatria, dipendenze e neuropsicofarmacologia per poter affrontare una sfida complessa, che è culturale, scientifica e organizzativa. Il pediatra, nello specifico ha un ruolo determinante nella diagnosi precoce dei disturbi mentali: conosce il contesto socio-ambientale del proprio assistito e riconosce i fattori di rischio. Allo stesso modo, anche il medico di Medicina generale nella gestione della transizione può, quindi, avere un ruolo cruciale nel coordinare gli interventi di tutte le figure coinvolte nella presa in carico dei bisogni identificati e nel relazionarsi con il paziente e con la sua famiglia, coinvolgendoli in tutte le fasi del processo decisionale perché il piano di cure sia sempre condiviso e personalizzato. Tuttavia, nella pratica clinica si riscontrano diverse criticità. Per garantire la continuità delle cure è anzitutto necessaria la condivisione di informazioni (ospedale-territorio e territorio-territorio), ma non esiste allo stato attuale un dossier condiviso. Spesso sono richieste competenze specialistiche per le quali la formazione è insufficiente. Inoltre, sussiste il problema di fissare una soglia di età per il passaggio dai servizi dedicati all’infanzia/adolescenza a quelli dell’adulto.
Allo stesso tempo, è fondamentale sottolineare la differenza tra continuità assistenziale e transizione, dove “continuità di cura” è un concetto più ampio e più flessibile, che mette al centro la persona. Nella continuità sono indispensabili l’integrazione, il confronto, la crescita comune tra tutti i servizi in cui gli operatori devono lavorare in rete. Molto significative sono infatti le criticità nella continuità di cura, con una elevata percentuale di utenti che hanno avuto accesso in Pronto Soccorso che non ricevono alcuna prestazione ambulatoriale di neuropsichiatria infantile e adolescenziale nello stesso anno (74 per cento) o dopo ricovero (32 per cento) o per chi assume psicofarmaci (28 per cento).
È necessario avere una visione comune che consenta una reale integrazione dei servizi, considerando anche il tema delle comorbilità con le dipendenze patologiche. È innegabile che all’interno dei Dipartimenti ancora manchi un processo di prevenzione, basato su un modello integrato e condiviso volto alla intercettazione dei disturbi in epoca precoce.