Nell’arena del Castello di Mola di Bari per il secondo appuntamento dell’Agìmus Festival è andato in scena, uno dei maggiori cantautori italiani, il genovese Angelo Branduardi.
Ad accompagnarlo, in questo tour fatto di ricordi, l’amico di sempre il polistrumentista Fabio Valdemarin.
Infatti con il suo concerto acustico ‘Confessioni di un malandrino’ Branduardi racconta i suoi 50 anni di attività.
Una lunga gavetta iniziata nel 1974. Un inizio non facile dove nessuno voleva pubblicare il suo lavoro discografico.
La svolta avvenne nel 1976 con ‘Alla Fiera dell’Est’ che gli valse il premio della critica discografica italiana e da lì scoppia un successo a livello internazionale e come lo stesso dice “ero diventato una rockstar”.
“Per 20 anni ho fatto la rockstar, poi è accaduto la svolta a Parigi, dove ho tenuto un concerto su una pista d’aeroporto alla presenza di più di 140.000 persone. Ero terrorizzato ma anche triste perché non era più quello che cercavo. Finì il concerto e ho capito che non volevo più essere una rockstar. Così ho cominciato a togliere dalla musica e a renderla sempre più rarefatta. Provenendo dalla musica classica ho fatto un cambiamento totale. Così all’insegna di ‘meno c’è e più c’è) ho ricominciato una ricerca creativa che senza alcun dubbio si potrebbe dire anche anti commerciale. Invece ho stabilito altri successi.
Prima dell’inizio del concerto recita una poesia dell’irlandese, William Butler Yeats “Fiddler Of Dooney” (in italiano Il Violinista di Dooney). E spiega come Yeats avesse scritto tanti libri mistici ed esoterici con i quali era convinto di passare alla storia. Al contrario furono le sue poesie a portarlo alla gloria tanto vincere nel 1923 il premio Nobel per la letteratura.
“Ho inciso un disco intero con le sue poesie e per me fu un fiasco. A distanza di anni quell’album è diventato un cult”.
Nel 2000 con ‘L’infintamente piccolo’ ha messo in musica la storia di san Francesco d’Assisi. Ebbe un successo enorme con circa 300 concerti in giro per il mondo.
“Ennio Morricone diceva ‘essendo la musica l’arte più astratta e quella che si avvicina all’assoluto’ e questa sera siamo solo io e Fabio a suonare, non c’è il basso e né la batteria, ma speriamo di regalarvi un sogno”.
Inizia con il brano ‘Il cantico delle creature’ e ‘La predica della perfetta letizia” il messaggio più profondo francescano.
Consegna emozione con i brani “ La canzone di Aengus Il Vagabondo’ e ‘Il dono del cervo’ un testo ispirato da una leggenda giapponese.
Poi ha eseguito una canzone che suona molto raramente quale ”1 aprile 1965” ed è la data che riporta l’ultima lettera scritta da Ernesto Che Guevara ai suoi genitori, una missiva di amore figliare.
Una canzone flash, così l’ha identifica Branduardi è “Benvenuta dama mia” inserita solo in questo tour.
Seguono poi canzoni delle ballate inglesi come il brano “Lord Franklin” che racconta la spedizione intrapresa dal ricco capitano Lord Franklin che con due navi e 150 uomini navigarono alla ricerca del passaggio a Nord-Ovest. Le parole della canzone sono tratte da una lettera di Lady Jane, moglie del capitano disperso.
“Rosa di Galilea” testo preso da un vangelo apocrifo dove narra di un piccolo miracolo e poi ”Geordie”.
Prosegue con “Confessioni di un malandrino” la prima canzone che ha scritto quando aveva 18 anni.
Non si poteva concludere con “La fiera dell’Est” dove il pubblico ha cantano a squarciagola e “la pulce d’Acqua”.
Anna De Marzo
photo Egidio Magnani