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Muoiono in media tre lavoratori al giorno in Italia e spesso non si riesce ad andare oltre l’inutile e sterile cordoglio, ai proclami da palco. Per questa ragione la costituzione di parte civile della FIOM CGIL e della CGIL di Taranto, nel processo per l’omicidio di Alessandro Morricella, è per noi una pietra miliare nell’impegno che continueremo a mettere in nome della tutela di tutti i lavoratori. Siamo lì per Alessandro, ma anche per quelli che in piccoli cantieri, sparsi in tutte le province italiane, non hanno voce e non ricevono visibilità, verità e giustizia”.
Così il segretario generale della CGIL di Taranto, Giovanni D’Arcangelo, rimarcando un concetto che in questi giorni è oggetto anche della campagna referendaria del più grande sindacato italiano.
“Le motivazioni della sentenza del Tribunale penale di Taranto, inchiodano alle loro responsabilità, i massimi dirigenti dell’ex ILVA, ma dimostrano ancora una volta, drammaticamente, quanto sia scarsamente considerato il tema della sicurezza – dice D’Arcangelo – perché l’esercizio di quell’impianto, malgrado il sequestro penale, malgrado l’annullamento della Corte Costituzionale di quella decisione, ha continuato a marciare privilegiando la produzione alla vita e alla sicurezza di quei lavoratori”.
Il giudice, infatti, ha dichiarato non conforme ai minimi parametri di sicurezza le pratiche operative attuate sull’impianto in cui nel giugno 2015, morì l’ex operaio di Martina Franca.
Alessandro Moricella, infatti, morì a 35 anni investito da una fiammata sprigionatasi dall’altoforno n. 2.
“Come CGIL e FIOM di Taranto abbiamo voluto diventare parte attiva di questo processo – termina D’Arcangelo – perché oltre il cordoglio c’è la giustizia chiamata ad accertare il diritto di tutti ad un lavoro degno, giusto e sicuro”.