COP29: Trent’anni di parole, poche azioni A Baku assente l’agricoltura, causa e vittima della crisi climatica. Quando la transizione ecologica diventerà politica effettiva? |
La Conferenza Onu sui cambiamenti climatici di Baku ha prodotto risultati deludenti. Le ambizioni della COP29 erano parse insufficienti fin dal principio: ospitata in Azerbaijan, nazione che sull’estrazione di petrolio e gas naturale basa gran parte delle proprie sorti economiche, ha cercato un accordo sulla cifra che i Paesi sviluppati dovrebbero mettere a disposizione di quelli che lo sono meno, per difenderli dagli effetti della crisi climatica e per sostenerne la transizione energetica. Secondo Slow Food Italia: La cifra individuata – 300 miliardi di dollari l’anno in aiuti climatici – è insufficiente, come sottolineato dalla stragrande maggioranza degli osservatori, ed è impietosamente bassa se confrontata con le spese militari a livello globale, circa sette volte più alte, o al denaro mobilitato in fretta e furia per salvare, ad esempio, le banche statunitensi dal crac di inizio millennio. È una contraddizione che Paesi come Emirati Arabi Uniti, Qatar, Arabia Saudita, Kuwait, Bahrein, che hanno livelli di emissioni di CO2 pro capite tra i più alti al mondo, non siano tra quelli che contribuiscono a raggiungere i 300 miliardi di dollari l’anno. Va ripensato il meccanismo per cui tre delle prime dieci economie (per Pil) a livello globale sono nella lista dei Paesi definiti meno sviluppati: Cina, India e Brasile. Essere arrivati alla conferenza sul clima numero 29 e parlare ancora di una “road map” per definire chi e come contribuirà al fondo è di per sé un fallimento: in quasi tre decenni, i passi avanti sul clima sono stati gravemente insufficienti, e lo dimostrano i dati scientifici e l’intensificarsi di fenomeni estremi a ogni latitudine. In trent’anni, alle parole non sono mai seguiti fatti in grado di imprimere un cambiamento. A Baku, gas, carbone, petrolio e soprattutto i sistemi agroalimentari, cioè le principali cause dei gas climalteranti, sono rimasti fuori dalle discussioni che contano. Lodevole è lo scopo della Baku Harmoniya Climate Initiative for Farmers, la piattaforma Fao volta a unire le iniziative e i programmi che, a livello globale, sostengono la trasformazione dei sistemi agroalimentari per renderli più resilienti ai cambiamenti climatici. Stando a quanto annunciato a Baku, Harmoniya sarà una sorta di bussola a disposizione degli agricoltori, utile a orientarsi tra le opportunità per generare un impatto maggiore a partire dalle lezioni apprese a livello locale. «Se però i sistemi agroalimentari contribuiscono per oltre un terzo alle emissioni mondiali di gas a effetto serra, oltre alle iniziative di adattamento è indispensabile e quanto mai urgente adottare azioni di mitigazione – commenta Barbara Nappini, presidente di Slow Food Italia –. La riduzione dell’impatto ambientale della produzione di cibo sia una priorità assoluta e la politica se ne faccia carico. Stop ai proclami, basta promesse: la lotta climatica non può ridursi al politicamente corretto e agli slogan folcloristici, né essere ascritta ad azioni eroiche individuali, ma deve essere una prassi quotidiana, un’azione politica primaria sostenuta da un quadro normativo adeguato ai tempi e alla gravità della situazione. Ciascuno di noi, ogni giorno, ribadisca questa pretesa». |