Sudan: centinaia di civili, tra cui bambini, uccisi e abbandonati per strada, scuole distrutte, saccheggi e violenze nella regione del Darfur, dopo quasi tre mesi di conflitto

L’Organizzazione, che opera nel Paese dal 1983, chiede alle parti un’immediata cessazione delle ostilità e l’apertura dell’assistenza umanitaria transfrontaliera. Già prima di quest’ondata di violenze Il Sudan stava affrontando una gravissima crisi umanitaria, a causa del conflitto in corso, di disastri naturali, epidemie e degrado economico, che hanno lasciato 15,8 milioni di persone in stato di bisogno, un terzo della popolazione.



Tantissimi bambini e adulti sarebbero stati attaccati durante l’escalation di violenze nella regione sudanese del Darfur. Save the Children – l’Organizzazione internazionale che da oltre 100 anni lotta per salvare i bambini e le bambine a rischio e garantire loro un futuro – chiede urgentemente alle parti di concordare un’immediata cessazione delle ostilità dopo quasi tre mesi di conflitto. 

Recenti testimonianze dal Darfur occidentale dipingono un quadro terrificante di bambini, uomini e donne uccisi a decine, persone armate che entrano nei villaggi, saccheggiano e bruciano le case e sparano sui residenti in fuga. Gli operatori di Save the Children, costretti a scappare dalla città di Geneina, raccontano di aver visto i corpi di centinaia di persone – tra cui anche bambini – abbandonati lungo la strada, coperti di mosche, sottolineando che non sembrava esserci alcuna differenziazione tra l’età o il sesso delle vittime: tra i morti c’erano bambini, donne e uomini. 

“Abbiamo trascorso 49 giorni al chiuso perché fuori i cecchini non si fermavano. Il nostro unico desiderio era quello di alzarci nelle prime ore del mattino per prendere una tanica d’acqua prima che ricominciassero i combattimenti”, ha raccontato Ahmed*, che lavora per Save the Children nel Darfur occidentale e recentemente è fuggito dalle violenze, trovando rifugio nello Stato di Kassala. “Quando finalmente siamo riusciti ad andarcene, nella città di Geneina c’erano corpi ovunque. C’erano migliaia di uomini, donne e bambini, nessuno è stato risparmiato. I leader della comunità hanno stimato che oltre 5 mila persone sono state uccise. Altre quattro scuole sono state saccheggiate e rase al suolo a Geneina. Ormai ci sono solo soldati, tutti i civili sono fuggiti o sono morti. Il percorso è stato molto complicato. Abbiamo incontrato decine di check point lungo la strada. L’autista dell’autobus ha dovuto pagare più di 1 milione di SDG (1.660 dollari) per farci passare. Ora, finalmente, siamo in una zona sicura. Tutti i membri della mia famiglia e il nostro staff sono al sicuro. Tutto ciò a cui riesco a pensare è che le persone hanno bisogno di un sostegno urgente in questo momento”, ha concluso Ahmed*.

Sono state descritte esecuzioni sommarie e l’uccisione di civili sulla strada tra Geneina e il confine. In un Rapporto si parla di 20 bambini uccisi in una città del Darfur occidentale[1]. A maggio, in un altro attacco nella stessa regione, documentato da Human Rights Watch[2], almeno 40 civili sono stati uccisi e 14 feriti, tra cui cinque donne e quattro bambini. I minori sopravvissuti hanno dovuto assistere a brutali omicidi e uomini armati hanno poi saccheggiato e bruciato la maggior parte della città, costringendo migliaia di residenti a fuggire attraverso il confine con il Ciad. Nel Darfur meridionale, secondo il governo sudanese, 30 civili sono stati uccisi e 45 feriti tra il 23 e il 27 giugno a causa degli scontri nella città di Nyala. 

In tutto il Darfur, l’aumento dei combattimenti ha limitato in modo significativo l’accesso umanitario. Secondo le Nazioni Unite[3], più di 3,1 milioni di persone sono state sfollate dall’escalation di violenza di aprile, tra cui oltre 700 mila sono fuggite nei Paesi vicini. A Genenia molte strutture civili sono state distrutte o rase al suolo, con scuole prese di mira e abbattute e almeno 0,7 km quadrati colpiti o bruciati dal fuoco[4] – quasi il doppio dell’area del Paese più piccolo del mondo, la Città del Vaticano.

“Il mondo dice ‘mai più’, eppure le uccisioni che si stanno verificando in Darfur ricordano tristemente gli omicidi su scala di massa a cui il mondo ha assistito due decenni fa. Siamo preoccupati per il benessere di tutti coloro che vivono sulla strada, in alcune parti della regione, la situazione è completamente fuori controllo e sembrano non esistere più leggi”, ha dichiarato Arif Noor, Direttore di Save the Children in Sudan, che ricorda che è essenziale che i Paesi continuino a tenere aperte le frontiere per accogliere coloro che vi cercano rifugio e che siano messi in atto meccanismi per garantire che i bambini e le loro famiglie da entrambi i lati delle frontiere ricevano il sostegno necessario. “Senza un’azione forte da parte della comunità internazionale, compresa l’apertura dell’assistenza umanitaria transfrontaliera, ad esempio dal Ciad al Darfur occidentale e centrale, non potremo che assistere a un ulteriore deterioramento della situazione. Non possiamo consentire che ciò accada. Il mondo non deve permetterlo”, ha aggiunto Noor. “Per le bambine e i bambini che fuggono verso i Paesi vicini, è essenziale che le loro famiglie possano accedere rapidamente ai servizi essenziali, tra cui le strutture sanitarie, educative e di protezione dell’infanzia”, ha concluso Noor.

Il Sudan stava già affrontando la peggiore crisi umanitaria di sempre, a causa del conflitto in corso, di disastri naturali, epidemie e degrado economico, che hanno lasciato 15,8 milioni di persone in stato di bisogno, un terzo della popolazione.
Save the Children opera in Sudan dal 1983 sostenendo bambini e famiglie colpiti da conflitti, sfollamenti, povertà estrema, fame e mancanza di servizi di base. Molti dei bambini e delle famiglie che l’Organizzazione assiste sono tra i più vulnerabili e difficili da raggiungere.