Taranto – Quasi 75 mila euro di indennizzi accertati dalla Regione Puglia su un totale di rimborsi richiesti che supera i 415 mila euro.
Sono i numeri incresciosi riscontrati in provincia di Taranto, nella sola annualità 2023, in relazione ai danni alle colture causati dalla fauna selvatica. Cifre lievitate a dismisura nel corso del tempo (nel 2019 l’accertamento si attestava intorno ai soli 15 mila euro) e direttamente proporzionali al numero di cinghiali che negli ultimi anni scorrazzano indisturbati su tutto il territorio, in particolare nell’agro di Ginosa, Laterza e Castellaneta.
Un incremento degli esemplari si è avuto in coincidenza con il lockdown, all’epoca gli animali scorazzavano e si riproducevano in maniera indisturbata.
Il report ufficiale, che dal 2020 ad oggi parla di oltre 320 mila euro di indennizzi accertati in provincia di Taranto, dato fornito dall’Ambito Territoriale di Caccia Provinciale che certifica inequivocabilmente l’esistenza di una vera e propria emergenza che l’intero territorio pugliese, in particolare il versante occidentale del Tarantino, vive da tempo.
I cinghiali danneggiano i campi, distruggono protezioni, infrastrutture e colture, minacciano i centri abitati e mettono a repentaglio la sicurezza stradale. In azione in solitaria, o in branchi, non solo di notte, ma in tutte le ore del giorno: le loro azioni distruttive mettono a repentaglio i sacrifici degli agricoltori e a forte rischio la produzione di eccellenze enogastronomiche.
Un tema per il quale l’area Due Mari di Cia Agricoltori Italiani di Puglia si sgola da tempo, battendo i pugni sui tavoli delle sedi competenti e contestando aspramente una serie di rimpalli di responsabilità che finora, purtroppo, non ha fatto altro che mortificare il territorio.
Settore agricolo in ginocchio, percezione di sicurezza sotto i tacchi sulle strade provinciali e comunali-rurali, non solo al calar delle tenebre ma anche in pieno giorno. Paura nei centri abitati e primi concreti segnali d’allarme per il settore turistico in vista dell’imminente avvio della stagione estiva a Castellaneta Marina e Marina di Ginosa.
I cinghiali, infatti, imperversano indisturbati, sono sempre in continuo aumento e ormai raggiungono porzioni di territorio, centri abitati compresi, fino a poco tempo fa mai intaccate dall’emergenza.
Il tutto avviene quotidianamente mentre solite lungaggini burocratiche rallentano l’azione dei tanti attori coinvolti nella vicenda: il Governo, la Regione e gli Atc.
Meriterebbero un capitolo a parte, invece, le associazioni ambientaliste e animaliste: la loro arcigna difesa dei cinghiali cozza inesorabilmente non solo con la tutela del comparto agricolo ma anche con la sicurezza stradale, la salute e l’incolumità fisica dell’uomo.
Non c’è altro tempo da perdere: le azioni quotidiane dell’ATC di Taranto, di concerto con le associazioni venatorie, sono forse l’unico aspetto positivo della vicenda, ma a nostro avviso l’abbattimento dei cinghiali andrebbe implementato e reso proporzionale all’elevato numero di animali presenti sul territorio.
Ad una situazione di emergenza occorre rispondere con altrettanti strumenti di emergenza.
La politica ha il dovere di rispondere subito con responsabilità ed atti concreti. Bisogna spingere sull’acceleratore e dare vigore al piano di abbattimento regionale ma ognuno deve fare la propria parte anche per snellire un iter forse troppo farraginoso e semplificare le procedure previste che sono di difficile applicazione.
C’è l’urgenza di riformare la legge sulla caccia numero 157 del 1992: una legge vecchia di 32 anni che, su impulso della Regione Puglia, potrebbe essere portata all’attenzione del Governo per poi essere rivista e adeguata ai giorni nostri.
Inoltre, serve introdurre un sistema di monitoraggio e un censimento dei cinghiali su tutto il territorio e promuovere la filiera venatoria.
Per tutti questi motivi la burocrazia deve subito lasciare il campo ad azioni concrete: una volta per tutte va tutelata la salute, la sicurezza dei cittadini e il futuro del comparto agricolo.