A Taranto è difficile fare impresa. Lo evidenziano i dati raccolti da Movimprese, che riguardano l’analisi statistica trimestrale della nati mortalità delle aziende, condotta da InfoCamere e per conto dell’Unioncamere, sugli archivi di tutte le Camere di Commercio italiane. La differenza registrata tra il numero di iscrizioni e di cessazioni, nel 2023, è minima. Nello specifico su 43.374 aziende, sono state 2.521 le attività ad iscriversi al Registro delle Imprese, contro le 2.120 che hanno chiuso i battenti. Il saldo, ovvero la differenza tra i due dati sopra esposti, è di appena 401.
Lo stesso vale per lo stato di salute delle imprese artigiane, che negli ultimi anni si mantenuto stabile. Nel 2023 su 7.494 aziende, presenti nel Registro delle imprese, le iscritte del 2023 sono 458, mentre 454 sono quelle che hanno cessato la propria attività. Rispetto l’anno precedente, nella provincia ionica, c’è stato un aumento di iscrizioni del 6,11%: nel 2022 sono state 423, mentre nel 2021 ben 483. Il picco delle chiusure è avvenuto nel 2019, con 534 imprese artigiane tarantine che hanno chiuso i battenti.
Dati poco confortanti e che al tempo stesso rispecchiano l’attuale situazione travagliata in cui versa la provincia ionica. Numeri che non ripongono a favore del futuro, le cui prospettive appaiono poco chiare e incerte. Secondo Casartigiani Taranto una delle soluzioni, a sostegno delle imprese, potrebbe essere la creazione di un tavolo permanente che promuova il dialogo costante tra le istituzioni, i sindacati e le associazioni di categoria. Interlocuzioni e confronti costanti per monitorare il percorso dei progetti, evitandone la sospensione.
Questo l’appello del coordinatore regionale di Casartigiani Puglia Stefano Castronuovo: «È ora di fare i conti con la realtà: l’imprenditoria locale è un settore che fa fatica a risalire la china. Le nuove imprese stentano a crescere, perché man mano rischiano di perdersi lungo il tragitto. Ben vengano le politiche di incentivazione, ma fine a sé stesse, non bastano: vanno promosse assieme a percorsi strutturati, che rientrino in una programmazione ben precisa e sia attenta a ogni sfaccettatura del sistema imprenditoriale. Siamo molto preoccupati per l’assenza della stabilità economica sociale, specialmente nel capoluogo. I recenti avvenimenti sono la dimostrazione che senza organizzazione non c’è futuro».